DIMENTICABILE e TRISTE OTELLO fiorentino
Lunedì 30 Novembre 2020 23:21
       

 

     Otello1


Non fu il virus a fiaccare questo Otello, grande opportunità di riproporre

un'importante opera nel momento più basso conosciuto dall’Opera  in questo

secolo (durante la II guerra mondiale,pur sotto le bombe, si applaudiva Gigli

all’Opera di Roma). E' stata purtroppo una esecuzione da dimenticare e

anche in fretta.

Vi sono varie componenti che non hanno funzionato, cominciando dalla

direzione stanca e debole di un irriconoscibile Zubin Mehta. Duole constatare

la condizione davvero difficile che costringe uno dei più grandi maestri  dei

nostri tempi a trascinare l’orchestra verso  il traguardo di una specie di

maratona interminabile, fatta di tempi slentati e appesantiti: a tratti si giunge

persino a temere che l’orchestra  possa fermarsi (come nella entrata degli

ambasciatori del III atto o in altri momenti in cui invece è richiesta una

energia enorme, la stessa energia che sprizzava da ogni poro il vecchio

Verdi).


Per i cantanti è stato uno stress in più , non c’è dubbio: una lotta per la

sopravvivenza, con fiati mai sentiti prima e affanni notevolissimi. A un certo

punto, verso il finale del III atto ho visto Sartori bloccato a battere il tempo

con la mano (“ Sangue…l’abietto pensiero….ec.) , cosa che non si fa

nemmeno nelle peggiori recite di provincia.


Lo spettacolo pareva un remake operistico de  la Notte dei Morti Viventi di

George A. Romero, un cult dell’orrore che in questo caso proponeva anche

momenti di involontaria comicità, come l’entrata di Desdemona nel I atto ,

conciata a metà strada tra Maria "la Scapijona", la madre di Tore Spina, e

 Maria Jose’ di Savoia , madre di colui che ella stessa appellava  “le Prince

Idiot”. Io trovo delittuoso il massacro perpetrato ai danni di una donna bella e

brava come Marina Rebeka e mi chiedo: ma al regista stava antipatica? 

Perché non farla entrare così com’è? Lei doveva , vistasi allo specchio,

rifiutarsi di uscire così.


 Perché poi combinare Otello come un misto tra Turiddu e  Al Capone ? 

Perché far sedere Sartori spesso su una sediola da osteria , lui che certo non

è una silfide e che un regista sensibile avrebbe dovuto aiutare e non

impacciare ulteriormente?

 

Gli abiti originali, le lunghe e larghe toghe di Otello lo avrebbero aiutato

moltissimo...eh no, dobbiamo vederlo con l'ennesimo cappottone nero,

sfruttato fino alla noia più totale da decenni di Regietheater...

 

Tralasciamo la solita, scontatissima questione dei costumi decontestualizzati,

ormai è un refrain mortifero. Abbiamo visto gli stessi abbigliamenti

(mascherine d’ordinanza a parte) in almeno altre 30 opere in questi ultimi

anni: così Otello diventa come il Ballo in maschera, l’Aida, il Don Giovanni, il

Nabucco, l’Attilla Carmen, la Forza del destino, tutta la stessa pappa, ormai

“polverosa” e “manierata” come le tanto deprecate opere in contesto classico.

 

Tra gli interpreti, resi quasi inerti dalla direzione quaresimale, segnaliamo la

buona prova (vocale) del trio protagonistico: Sartori al debutto, non è Otello: 

(manca quasi del tutto il registro grave) ma almeno canta, supera gli scogli

acuti, e regala un buon monologo del III atto oltre a una riuscita scena della

morte (eccetto alcuni brutti suoni in falsetto). Si sente che ha cantato per tutta

la sua carriera ruoli diversi: Edgardo, Rodolfo, il primo Verdi, il Belcanto . Lo

ricordo persino nei Capuleti di Bellini: molto bene, cantava così. Ma così…

non è Otello. Otello c’est une autre chose. La prossima volta eviterei anche

affermazioni poco felici, prima della recita, con smentite, episodi strampalati

davanti alla villa trevigiana di Mario Del Monaco e tutto il corredo di una

comunicazione non indovinata.

 

Bravo Luca Salsi quando canta piano e morbido e non quando, soprattutto

sul registro acuto, nel tentativo di imitare Leo Nucci ne riproduce persino le

smorfie. Non so come sia riuscito a dosare i fiati con una direzione così.

Dalla sua Salsi ha la dizione scandita e intellegibile, l'accento, la protervia di

uno Jago veramente "cattivo" , anche se -a mio avviso- poteva evidenziare

meglio l'aspetto del prete  che voleva Verdi, "tutto a mezzavoce, eccetto

qualche scoppio" . Ma è già tanto quel che ha potuto fare. 

 

               rebeka

 

Molto brava Marina Rebeka, che nonostante la mise , a metà tra  Vedova

allegra e  la Voix humaine, ha prodotto un canto di ottima fattura con una

stupenda Ave Maria, forse il momento più bello della serata.

 

Orchestra con preziosi momenti, a parte la concertazione a tratti impossibile,

e Coro puntuale anche se in scena completamente bloccato dalla regia e dai

protocolli o da tutt'e due. Ottimi tutti i comprimari, forse un pò troppo

emozionato Cassio ma in generale una prestazione lodevole.