TURANDOT A CONFRONTO
Mercoledì 23 Marzo 2022 18:53

 

 

L’offerta musicale romana è particolarmente ricca in questo periodo e l’occasione è buona, anzi ottima, per mettere a confronto la Turandot di Puccini eseguita a Santa Cecilia con la Turandot vista e ascoltata ieri sera all’Opera di Roma.

 

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DUE PROGETTI DIVERSI

 

La Turandot a Santa Cecilia nasce come esecuzione in forma di concerto, a seguito di una versione discografica prevista per la Warner con un cast all stars e il maestro Pappano sul podio; all’Opera di Roma abbiamo avuto il classico titolo programmato illo tempore, con regìa scene costumi e coreografie a cura di Ai Weiwei, regista cinese di forte richiamo. Inoltre: Pappano ripropone il finale completo di Alfano, la Lyniv chiude con la morte di Liù.

 

DUE DIRETTORI D’ORCHESTRA AGLI ANTIPODI

 

A Santa Cecilia, si è detto,  Sir Antony Pappano, maestro affermatissimo in campo operistico e di smisurata esperienza: il suo è un taglio vivido, esplosivo, curatissimo nei dettagli coloristici, molto attento alle voci e ai respiri musicali, che sono determinanti in questa come in tutte le opere. Pappano ha portato i complessi di Santa Cecilia (Orchestra e Coro) a livelli incredibili: la precisione è stata assoluta (soprattutto nei fervonici squilli degli ottoni e in tutto il vasto settore delle percussioni) assicurando all’ultima opera di Puccini tutto lo sfarzo e la finezza necessaria.

Oksana Lyniv (che come la nostra Beatrice Venezi preferisce essere chiamata direttore d’orchestra) non vanta ovviamente il curriculum di Pappano ma si è segnalata come prima donna sul podio di Bayreuth, è attualmente direttore stabile presso il Comunale di Bologna. A mio giudizio non ha ancora il pieno dominio di una macchina complicata come l’opera italiana e in particolare Turandot. La sua concertazione è stata fallace in troppi punti: attacchi sporchi , molte imprecisioni nel coordinamento tra palco e buca , molta confusione nei passaggi “barbarici” e pochi colori, a fronte di una partitura che delle nuances fa la sua bandiera.

 

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DUE SPETTACOLI DIVERSI

 

Per Santa Cecilia lo stesso Maestro Pappano ha curato luci e regìa: pochi movimenti essenziali ma giusti, Turandot appare in alto, lontana poi scende a fianco del concertatore per la grande aria “In questa reggia” e per la scena degli Enigmi.

All’Opera l’allestimento di Ai Weiwei è risultato, a mio parere, tra i più scialbi e insignificanti mai visti in un Teatro : un interminabile documentario filmato sul fondale, ispirato all’oppressione dei cinesi da parte dell’attuale regime (riferito certamente al vissuto di Ai Weiwei) , una ampia scalea sul palcoscenico in cui viene collocato il Coro ai lati , immobile ( e perché mai? Quando il Coro in quest’opera è più che partecipe) , un ballerino che si dondola quando simula il Principe di Persia (avete mai visto ballare un condannato a morte?) e appare in tutù successivamente , infine un ampio gruppo di mimi in nero che appaiono durante la trenodìa funebre di Liù, che chiude l’opera.

 

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DUE CAST CONTRAPPOSTI

 

Con Pappano abbiamo una travolgente Sondra Radvanovsky , ferina, teatrale, capace di piegare una voce grande e squillante in pianissimi di rara suggestione; un Kaufmann che non sarà certamente il Calaf ideale dal vivo ma che in disco risulterà magnifico, perché ha una musicalità innata straordinaria e sa sempre regalare qualcosa di nuovo con un fraseggio emozionante; una Liù molto coinvolgente, quasi una tragédienne , come Ermonela Jaho, artista di infinita sensibilità ; un basso come Michele Pertusi come Timur, maestro della “parola scenica”  e una serie di comprimari eccelsi, scelti con molta cura.

Con la Lyniv all’Opera vediamo confermarsi Oksana Dika come solida e preparata vocalista, dizione chiara , acuti taglienti , colori ma irrimediabilmente ostacolata dalla regìa, che la concia come Crudelia Démon , con un vestitone bianco infagottante. Quando hai una cantante con il fisico e la bellezza della Dika è semplicemente delittuoso combinarla in tal modo.

Michael Fabiano è un tenore lirico, sulla linea di Alfredo, Rodolfo, non sento in lui un Calaf: seppure ha cantato con gusto e con ottima dizione. Gli manca l’accento e la tempra del tenore eroico, quale Calaf è o dovrebbe essere . Kaufmann ha eseguito il do di “Ardente d’amor” , lui ha optato per la versione bassa ( Puccini ha messo un “oppure”). Liù era Francesca Dotto, molto brava, non fortissima sui centri, ma senz’altro vincente in entrambe le sue arie. Il basso Di Matteo , causa anche l’indifferenza registica nei suoi confronti, non è potuto emergere.

 

Reazioni del pubblico:

 

Santa Cecilia, trionfo assoluto, standing ovation, a scena aperta dopo “Signore ascolta” e “Nessun dorma”.

 

Opera di Roma: applausi pochi, nessun applauso dopo “Nessun dorma” , fischi alle Maschere (??! Prima volta che mi accade di vedere una cosa simile) , qualche “buh” al reparto regìa .