TEMPI MODERNI, DIVORATI DALL'INFORMAZIONE
Venerdì 11 Agosto 2023 14:16

 

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L’estate e soprattutto i giorni che circondano Ferragosto inducono a riflettere e , un pò come sotto Natale, a tirare le somme su tante questioni che riguardano le nostre vite, i nostri interessi, le storie e le vicissitudini, ognuno a seconda dell’ambito in cui opera e in base alle contingenze , belle…brutte…

Il sottoscritto, come sapete, è impegnato sul fronte della divulgazione musicale , operistica in special modo, e si occupa di regìa : in questo momento sto lavorando a un nuovo Rigoletto di Verdi che andrà in scena al Teatro Astra di Gozo a Malta  (con Simone Piazzola come protagonista) e al contempo mi appresto ad affrontare un altro capolavoro del teatro d’Opera, l’Orfeo ed Euridice di Gluck, uno dei titoli più straordinari e affascinanti.

 Tra una pausa e l’altra di questi impegni, che richiedono molto tempo e un grande lavoro di squadra, leggo e mi informo, anche se ho sempre nutrito una grande diffidenza nei confronti della cosiddetta “informazione ”.  Come ci spiegò perfettamente Carmelo Bene citando Jaques Derrida (uno dei massimi filosofi e saggisti esistiti) : “l’Informazione informa I FATTI e non SUI fatti” . Siamo bombardati , massacrati dall’informazione e il meccanismo diventa particolarmente perverso attraverso i social networks: non fai in tempo ad attivare un qualsiasi telefonino ed ecco apparire, assolutamente NON richiesta, l’ombra nera e lunga del tritacarne mediatico: è morto Tizio, si è sposata Sempronia, è stata bombardata quella città, altri migranti sono sbarcati a Lampedusa, piove al Nord e fa caldo al Sud e così via…fino al consumo più completo sia della notizia , sia di noi stessi. Siamo vissuti, siamo pensati e ci illudiamo di vivere e di pensare, spiegano sempre Derrida e il suo aedo Bene, immersi come siamo in un  multiverso “caosmico” mentre l’universo linguistico ci obbliga a far parte di una tragica catena di montaggio, come macchine da guerra carrieristiche. Scusate la digressione ma ritengo sia un pensiero abbastanza utile, per affrontare quotidianamente e soprattutto vagliare ciò che ci viene sbattuto in faccia.

Torniamo alle piccole , misere faccende del mondo musicale e operistico, la nostra benamata “nicchia” che è sempre più caratterizzata dal suo recinto stretto, in fondo minuscolo anche se per noi , fissati, rappresenta una specie di ragione di vita. Quali sono i grandi approdi del 2023? Le grandi realtà? Chi sono i miti che alimentano le folli passioni di quello che viene definito (leggo da qualche parte) il “melomane medio” (salvo poi rappresentarne perfettamente l’incarnazione musicografica)?

 Intanto dobbiamo registrare e veder confermato un cambio al vertice delle tradizionali gerarchie: finita da tempo l’Era dei Direttori d’Orchestra (Toscanini, Karajan, Abbado) , scomparsi come i dinosauri  e quasi del tutto estinto il mito dei Cantanti ( dal trionfo dei Castrati alle ultime leggende riassunte nei Tre Tenori, Pavarotti -Domingo-  Carreras) , notiamo e subiamo l’egemonia dei Registi , i cui nomi in locandina hanno rimpiazzato completamente chiunque altri. Si legge e si dice: l’Aida di Poda, il Rigoletto di Michieletto (che fa pure rima) , la Tosca di Livermore, il Ballo in maschera di Bieito,  il Macbeth di Wicherliskonwsky (nome da me inventato ma che potrebbe tranquillamente essere, perché no?) . Gli Autori , il libretto, le indicazioni e i desiderata fanno parte di un bagaglio “polveroso e ingombrante” legato a una “nefasta e noiosa Tradizione”.  Ma chi stabilisce tutto ciò? Non di certo il pubblico pagante (che pur avanzerebbe qualche diritto) : lo stabilisce una piccola oligarchia di cosiddetti “critici musicali”, indicati come bardi annoiati e finto-aristocratici, invitati gratuitamente (ci mancherebbe) per parlar bene o male di un determinato spettacolo sui rispettivi organi di informazione. Senza entrare nei dettagli di talune, noiosissime (quelle sì) recensioni, in cui si discetta per intere colonne di quel che il regista di turno ha cercato di trasmettere al pubblico (il più delle volte delirando, provocando o semplicemente non dicendo un piffero) , assistiamo a un fenomeno davvero singolare: da circa 30 anni a questa parte la maggior parte delle regìe cosiddette moderne ripete lo stesso cliché , applicabile a un qualsivoglia titolo, che sia Nabucco, Don Giovanni , Aida , Walchiria o Traviata: manicomi, giacche e cravatte, nazisti qua e là, primedonne sull’orlo di una crisi di nervi , finte fellatio finte copule e finte defecazioni, molta isteria e soprattutto- questo è importantissimo- che Rigoletto non abbia la gobba, che Otello sia bianco e che Carmen e Violetta non muoiano alla fine…sarebbe troppo banale.

 Ciò detto assistiamo, informandoci , a una novità epocale: non tanto quella del regista dominante (da Visconti in poi è roba vecchissima) bensì quella della connotazione politica che divide in fazioni : la modernità è di sinistra, la tradizione è di destra , stronxata colossale se si ragiona un pochino senza lasciarsi divorare dalla semplificazione operata dai giornalisti. Il sottosegretario alla Cultura Sgarbi è di destra, biasima le regìe iconoclaste (vedi caso Bohème a Torre del lago) e quindi l’assunto demenziale viene comprovato. Ancora una volta l’Informazione si palesa come tritacarne e tritacervelli, a dimostrazione della sua inutilità e perniciosità.

 Nessuno riflette , tanto per restare sul fatto, che la Bohème tanto discussa del regista francese a Torre del lago, è una banalissima, scontatissima, vista e rivista Bohème sulla scia del più “tradizionale” teatro di regìa e che fu 1000 volte più rivoluzionaria e moderna la regìa di Bohème a Macerata ad opera di Ken Russell, circa 40 anni fa!!!!

Ancora una volta i fatti informano i fatti, si torna indietro , non si va avanti: la catena di montaggio va alla rovescia, come in quell’eccezionale film di Chaplin, “Tempi moderni”.

 Ma l’estate 2023 non finisce di distillare i suoi veleni.  Le fazioni politiche d’opposizione, contrapposte come da copione a chi sta al governo, vedono come obiettivo due figure direttoriali additate al pubblico ludibrio: Beatrice Venezi e Alberto Veronesi, entrambi legati al centrodestra e in particolare la prima, in carica come consigliera del Ministro della cultura. L’attacco è quotidiano e plurimo: la prima, rea di aver pubblicizzato un prodotto cosmetico in Tv (cosa che ha precedenti illustri, Pavarotti sulla chiatta con il caffè, Domingo con la nota pastasciutta in treno cantando Di quella pira) viene appellata con un nomignolo che vorrebbe così screditarla. Il fatto , poi, di essere una donna avvenente e molto diretta nell’ affermazione delle proprie idee politiche ovviamente peggiora le cose.

Entrambi, direttori d’orchestra, vengono attaccati sui social e colpiti dove è possibile, gli aggettivi denigratori si sprecano , i più blandi  sono :  “incapaci” , “inetti”, “raccomandati”, “negati”. La maggior parte di chi scrive questi e altri attacchi non li ha nemmeno ascoltati né visti dirigere, alcuni riportano fantomatici pareri di “musicisti”. Alla luce di qualsiasi esperienza diretta quando un’orchestra ha di fronte a sé un incapace, cioè un direttore che li manda “fuori” e che non assicura sicurezza all’esecuzione , ha il potere di protestarlo/a : le prime parti o il rappresentante dell’orchestra si reca presso il sovrintendente e il direttore artistico e FORMALMENTE protesta il presunto/a incapace. E’ successo in mille occasioni e abbiamo casi illustri anche recenti.

Il maestro Veronesi , brandendo una benda come vessillo, ha creato un movimento “Save Opera”, atto a proteggere il repertorio lirico dalle nefandezze registiche estreme. Sbertucciato e deriso dagli oppositori politici poiché il movimento è supportato, come si legge, dal sottosegretario Sgarbi e dallo stesso Ministro, Veronesi ha sicuramente il merito di aver avviato un dibattito, a carte scoperte. I cantanti , gli addetti ai lavori, gran parte del pubblico  sanno distinguere benissimo uno spettacolo bello, chiaro, coerente, coinvolgente da una porcheria. Non ci vuole un genio né un super-esperto: le regìe, come sostengo da tempo, non si dividono in moderne o tradizionali ma in cretine e intelligenti.  Ci sono poi titoli che, come li fai li fai, non temono alcun cambiamento d’epoca o di costume, faccio alcuni esempi: l’Elektra di Strauss può essere ambientata in un hangar, in una macelleria, in una casa di moda o in una metropolitana ….funziona sempre. Così come l’Elisir d’amore: lo fai in spiaggia, al supermercato, in una fattoria o in un aeroporto….funziona comunque. Dipende sempre dal saper raccontare una storia e rappresentare i caratteri dei personaggi: esiste un testo e quello va raccontato, rispettato, reso chiaro al pubblico. Nessuno ama le masturbazioni di un regista povero di idee e nessuno ama le provocazioni senza senso.

 Scorrendo le notizie notiamo un ever-green dello sputtanamento social: Andrea Bocelli, che viene flagellato nuovamente stavolta per l’uscita dell’Otello di Verdi, opera integrale incisa a fianco di Marina Rebeka (Desdemona) e Massimo Cavalletti (Jago). Nessuno ha ascoltato una sola nota di questa incisione eppure abbiamo una schiera di “sbocellinatori seriali” che si industriano nell’Arte della Denigrazione a mezzo post. E’ abituato, penso se ne sia fatto da tempo una ragione. Per inciso, ho ascoltato su YouTube il duetto con Jago , “Sì pel ciel” , registrato dal vivo in concomitanza con questa nuova uscita discografica: certo, non è Del Monaco e non è nemmeno Vickers (per me i più grandi Otello mai esistiti) ma canta con proprietà tutte le note previste e senza far gridare allo scandalo o, peggio, senza suscitare alcuna derisione. Verrebbe da dire-parafrasando la farfalla della Vispa Teresa: “Vivendo , cantando che male ti fo?”.

 Resta il Volo, il Trio nato dalle ceneri dei Tre Tenori: ho ascoltato qualche brano di un concerto effettuato assieme a Placido Domingo, pochi giorni fa. Anche qui la catena di montaggio gira al contrario, come l’inversione magnetica dei poli: il più giovane, vocalmente, era Domingo mentre i 3 giovani virgulti hanno mostrato il timbro rinsecchito e macilento proprio degli anziani. Una nemesi che solo la tecnica, l’esperienza e la Natura può spiegare.  Non si diventa Domingo per caso.

 

Buon Ferragosto.

 

 

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