Note
I LOVE BULLDOGS!
Domenica 30 Maggio 2010 08:37

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Non so da cosa derivi il mio smisurato amore per i bulldogs.

Credo sia qualcosa insito nel DNA, probabilmente in un'altra vita sono stato un bulldog o un allevatore di bulldogs, non posso dire con esattezza.

Sta di fatto che non concepisco la mia vita se non condivisa con questi strani, sublimi esseri: umanoidi celati sotto una “tuta” pelosa, insopportabili ma proprio per questo adorabili.

Questa nota, oltre che rappresentare un atto d'amore allo stato puro, vuole essere anche un piccolo  compendio, un vademecum per il possessore-posseduto , per lo schiavo del bulldog.

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Partiamo da questo principio: il bulldog è il tuo padrone e tu sei il suo schiavo. Mettetevi in testa che la testardaggine del bulldog supera qualsiasi immaginazione. Io ne ho 5 e so cosa vuol dire scontrarsi con questi inauditi capoccioni.

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Il faccione. Non è un muso, è una faccia, una via di mezzo tra quella dell'Orango triste che vediamo allo zoo (purtroppo) , accoccolato su un angolo orango2Foca_monaca-Mediterraneo

e un bue, un cinghiale, una foca monaca. Un bambino, vedendolo dal finestrino, mi chiese se fosse un ippopotamo nano, mentre il prete che ogni anno benedice la casa ne scambiò un altro (tutto bianco) per una...papera!!?? Diciamo che non aveva una buona vista...quel prete.

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Se lo osservate con attenzione noterete un dato che mi ha sempre sconvolto: gli occhi, spesso coperti quasi del tutto dalle innumerevoli pieghe del pelliccione, sono totalmente umani, sia per la forma sia per l'espressione, e circondati come sono dalla “tuta pelosa” danno l'impressione di un bambino nascosto dentro il costume da bulldog.

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Il carattere. Impossibile, insopportabile. Se pensate a un cane, cioé al fido custode della vostra casa o del vostro essere....poveri voi! Lui pensa solo ed esclusivamente a sé stesso, il mondo ruota attorno all'asse costituito dal suo ridicolo corpo, contraddistinto da una testa enorme collocata sul busto di un ercolino, con la coda a cavatappi.E ' pigro, indolente, non obbedisce se non sbuffando, è lento. Adora dormire e poltrire, va praticamente obbligato a uscire dai suoi torpori. Ma non è stupido, tutt'altro. Credo che abbia perfettamente capito il senso della vita: take your time, sembra dire guardandoti mentre ti agiti inutilmente. E' generalmente molto buono e dolce, calmissimo, non salta addosso a cani o gatti se non per giocare: ma essendo pesante e goffo, può far del male involontariamente. La sua mascella può stritolare e stracciare, con molta facilità, quando fa le feste ti può buttare a terra.

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Il cibo. Non è famelico, ma esigentissimo. Adora il pollo, il tacchino, la carne macinata, i suoi biscottini (ma solo i suoi) , detesta taluni tipi di crocchette (soprattutto quelle leggere, al pesce), lo puoi ingannare- se fa i capricci- spolverando la sua ciotola con del parmigiano grattugiato.

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I suoi vizi. Adora ovviamente entrare in casa e sbracarsi sul divano, cosa ce va assolutamente proibita. I suoi peli sono come aghi e si infilano ovunque, creando una situazione igienica intollerabile. Io sono totalmente contrario a ospitarli su divani, poltrone, letti (non ne parliamo): è una brutta, insana abitudine e fa male più a loro che a noi. Il bulldog è rituale, metodico fino all'ossessione: ama sdraiarsi al sole ma solo quel tanto che basta ad assicurargli la dose giusta di vitamina D, poi torna all'ombra, un tot minuti...per poi tornare al sole. Un su e giù che pare scandito da un orologio svizzero.

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Le sue virtù. E' un bulldog, tutto qui. Ti insegna a dare il giusto  valore al tempo ( solo il tempo non perde tempo), a essere più saggio e ponderato, a valutare le priorità della vita e non le sciocchezze (dalle quali siamo  spesso travolti), a ignorare l'isterìa , a capire che la pigrizia è utile per lo sforzo che bisogna fare per vincerla. I bulldog sono così intelligenti che non sono quasi buoni a niente: il massimo!

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FRANCO ZEFFIRELLI, l'OPERA DEL BELLO E DEL GRANDIOSO
Lunedì 24 Maggio 2010 08:50

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L'Arena di Verona vedrà a giugno la “Turandot” di Puccini con la messa in scena di Franco Zeffirelli e diciamo pure che quest'anno il Festival estivo nel teatro più antico e più bello del mondo sarà una grande festa zeffirelliana. Proprio nel pieno di una crisi che vede l'Opera in mezzo a una tempesta, tra decreti poco graditi e gestioni poco affidabili, ecco ancora una volta un saldo punto di riferimento per chi l'Opera la ama sul serio, al di là delle chiacchiere e delle beghe. Zeffirelli come ultimo , fiero baluardo d'un genere che del Bello e del Grandioso ha fatto il suo credo, e che da almeno un buon trentennio è stato sottoposto al vaglio e al travaglio di impostazioni registiche spesso disgustose, incoerenti, costosissime e orrende. UN vero Opericidio, perpetrato con l'assenso e l'avallo totale di sovrintendenze ottuse e una critica sempre più asservita ai piccoli giochi di potere, alle mode imperanti soprattutto tra chi non ama la Musica e non conosce l'Opera.

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Conobbi Franco Zeffirelli nell'anno in cui girava “Traviata” di Verdi a Cinecittà, con Teresa Stratas e Placido Domingo. Io ero un ragazzino, già melomane all'ultimo stadio, e approfittai di una intervista che mia madre, Carla Pilolli, doveva effettuare per il settimanale “Gente”. La casa sull'Appia rappresentava perfettamente il suo famoso proprietario: c'era il gusto per l'Antico , ma tra vasi preziosi e poltrone damascate spiccavano un po' ovunque videocassette e nastri, forse anche qualche “pizza” mal disposta negli scaffali, libri d'Arte non collocati per scenografare il salotto ma vissuti, divorati, assimilati pagina dopo pagina.

L'altra cosa che mi colpì era la presenza di molti cani, ammessi nei saloni della villa e continuamente accarezzati dal loro padrone durante tutta l'intervista. Già allora Zeffirelli mi sembrò una persona timida e delicata, nonostante ostentasse una dialettica aspra e diretta, molto tagliente, densa di riferimenti satirici (“Teresa Stratas è una pazza, bravissima ma completamente pazza...Ora si aggira nella mia villa parlando da sola, in preda a crisi mistiche” , “La mia Traviata ha i tagli giusti, Verdi scrisse un mucchio di brutta musica per i vocalisti, in un film -opera non puoi annoiare il pubblico con le cabalette e le ripetizioni”).

Mi colpì anche la loquela sboccata, a tratti decisamente volgare ma che era un'altra chiara dimostrazione della fondamentale timidezza del personaggio, che voleva apparire aggressivo- sì- ma per difendersi.

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Nell'arco di un'ora , un'ora e mezza Zeffirelli rievocò un mondo che sembrava più olimpico che terrestre: Visconti, De Sica, Antonioni, Liz Taylor, Richard Burton, Maria Callas, Joan Sutherland, Leonard Bernstein, Carlos Kleiber...Sono gli eroi, i Titani di un'Era irripetibile, i protagonisti di pellicole o spettacoli che appartengono ormai alla Storia e a quanto di meglio l'uomo abbia saputo produrre in campo artistico.

Franco Zeffirelli, abbeveratosi a quel nettare e a quella ambrosia, eclettico di natura, prima attore poi regista, non tardò a imporre un suo stile, molto preciso: il senso del grandioso e del Bello, il gusto nell'abbinare i colori, le luci, i costumi, nel creare atmosfere preziose, nell'arricchire di dettagli che rimandano alla fondamentale lezione di Luchino Visconti.

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Non vorrei perdermi in un mare di sterili enumerazioni o in schede tecniche note e risapute, ma come non ricordare per il teatro classico l'”Otello” di Shakespeare (che presenta al festival di Stratford-on-Avon nel 1961) e l'”Aida” di Giuseppe Verdi con la magnifica Lila de' Nobili a fianco, nonché nelle produzioni contemporanee come "Chi ha paura di Virginia Woolf?" di Albee.

Nel cinema restano famose le sue trasposizioni letterarie: da "Romeo e Giulietta" del 1968, a una biografia del poverello d'Assisi, "Fratello sole, sorella luna" del 1972, all' "Amleto" del 1990, nell'interpretazione di Mel Gibson.

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“Gesù di Nazareth” , nel 1977, ha un successo mondiale grazie alla straordinaria caratterizzazione del Cristo, visto sotto un profilo umano e al tempo stesso spirituale: e qui si vede la capacità eccezionale del regista, nel saper equilibrare questi due aspetti antitetici e affatto semplici.

Nel campo operistico Zeffirelli firma alcune storiche produzioni con le maggiori protagoniste del canto di ogni tempo , a cominciare dalla "Traviata" con la sconvolgente Maria Callas fino alla
"Lucia di Lammermoor" con la Sutherland,
giungendo a realizzazioni insuperabili a Verona con la “Carmen” , tra gli spettacoli più belli cui io abbia mai assistito,

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“Trovatore” , “Turandot”. Vorrei citare per ultimo quel gioiello che fu l'”Aida” di Verdi nel piccolo teatro di Busseto, a dimostrazione che Zeffirelli può benissimo fare a meno di scene enfatiche e di plotoni di comparse, come spesso è stato accusato di fare dai suoi detrattori.

Una grande  attesa per  la  Turandot  di  giugno, un augurio  di  buon lavoro  al Maestro!


 
SCOPPIA OPEROPOLI o si sta mancando il bersaglio?
Sabato 15 Maggio 2010 19:59

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Dalla fine di aprile qualcosa è successo nel pigro e lento mondo dell'Opera italiana. Adesso anche l' “uomo della strada” (e Dio solo sa quanti ce ne sono nel nostro paese!) sa che i teatri scioperano per “protestare contro i tagli del Fus e contro il nuovo decreto governativo “ che dovrebbe parzialmente riformare il mondo dello spettacolo. Il Comunale di Bologna è stato preso d'assalto da coloro che ivi lavorano, al punto da costringere il Sovrintendente tuttofare Tutino a chiamare Digos e forze dell'ordine; scioperi a Firenze, a Roma,persino Monsieur Lissner fa sentire la sua voce dal trono scaligero, la nobile Accademia di Santa Cecilia, il Teatro di San Carlo a Napoli pur commissariato da S.E. Salvo Nastasi, il grande risanatore dei bilanci; il Carlo Felice di Genova si agita da tempo.Ovunque -si dica a chiare lettera- serpeggia il malcontento e la voglia di gridare “Basta!”.

Ma qual è il vero problema?

 Non è certo il decreto e non sono certo i tagli al Fus, che pur umiliano il nostro paese al cospetto dell'Europa e del mondo. A parte la violenta decurtazione dello stipendio dei lavoratori del teatro (300E al mese) e alcune nuove norme che certamente non faciliteranno la qualità e la tenuta delle già periclitanti “masse artistiche” , questo decreto si allinea su una posizione classicamente manageriale, com'è nello stile del governo retto da Silvio Berlusconi e che ha in Tremonti la tipica figura di “ colui che deve far quadrare i conti”.B_012_berlusconi_tremonti

Il guaio, ed è bene che un po' tutti adesso lo sappiano, è che i conti da tempi immemorabili non tornano e la colpa non è né dei governi, né dei colori politici che tali governi caratterizzano, ma di un andazzo che ha radici lontane. Un “sistema Opera” malato perché fatto di gestioni amministrative che definire disinvolte è soltanto un garbato eufemismo.

La colpa della situazione attuale è solo e soltanto di coloro che sono preposti alla buona condotta di un teatro , o Fondazione che sia, e cioé: Sovrintendenti e Direttori artistici.

 Sono loro che hanno costruito i cartelloni degli ultimi anni, sono loro che hanno creato i deficit finanziari per milioni e milioni di Euro, sono loro che hanno prosciugato le casse dello Stato e delle sponsorizzazioni (pingui o esili che fossero), sono loro che hanno sperperato, che sono andati fuori budget con allegria e nonchalance, all'insegna del “tanto paga Pantalone”.

Tra questi signori vi sono alcuni sprovveduti nominati incautamente dai politici tanto per avere un posto (e un lauto stipendio: i sovrintendenti guadagnano in media dai 150.000 ai 350.00E l'anno) , alcuni incapaci e alcuni ladri patentati. Questi ultimi non soltanto sono andati fuori budget, consapevoli del passivo, ma si sono prodigati a falsificare i bilanci con i loro direttori amministrativi, a fatturare in modo truffaldino , ad appaltare a ditte esterne, a gonfiare i costi, a trattare sottobanco con agenzie di pochi scrupoli, a intascare tangenti grandi o piccine.

La magistratura si occupa da anni di taluni di questi campioni ma finora non si è mossa. Il nostro paese, come dimostrano le prime pagine dei quotidiani o dei vari TG, ha praticamente una decina di scandali al giorno, la maggior parte dei quali molto più cospicui e coinvolgenti del piccolo tumulto operistico. In fondo se facciamo la somma di tutti i dipendenti delle principali fondazioni arriviamo a circa 4000 anime: nel paese che vede gli operai di Termini Imerese lottare per la sopravvivenza, aziende come Alitalia in bancarotta e via discorrendo...i 4000 dell'Opera possono quasi essere considerati degli scocciatori, dei viziati incontentabili, cui viene ora parzialmente modificato il giocattolo con cui per anni si sono trastullati.

Del resto contro chi protestano? Contro i “tagli alla Cultura” , contro un decreto? Ma se il Fus fosse invece raddoppiato e sull'Opera piovessero miliardi in più, non aumenterebbe forse l'indecoroso magna-magna e di conseguenza il deficit? Inutili  sono, a mio avviso,  le  pur  scenografiche   discese  in campo  di  personaggi  come  Zubin Mehta, che  tuonano  contro  i tagli ministeriali  quando  hanno  fatto  parte, nel bene  e  nel  male,  di  quel  'sistema  Opera'  malato  di  cui  sopra.

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Per interrompere l'emorragìa   valgono a  poco  le  parole, per  altisonanti  che  possano  risultare.A  cosa possono  servire  i  concerti  gratuiti  quando poi a  teatro  ci  vanno  solo  gli appassionati, perché  i  costi  sono  altissimi a  fronte di  qualità  non sempre  di pari  livello?

A cosa  serve  far  saltare una Prima, in un paese  in cui  si  ignora o  quasi  l'esistenza  di  Verdi, di Puccini, di Rossini  e  in cui la  stessa  classe  politica  diserta  regolarmente    le  serate  più importanti?

Bisogna prima bloccare il sistema perverso, cacciare via i responsabili (che tutti conoscono, con nome e cognome) e poi porre su quegli scranni personaggi dalla fedina penale pulita e , come diceva un mio amico molto importante, “possibilmente già ricchi, così non rubano”.

La protesta è quindi mal indirizzata. NO ai ladri, NO a chi crea la bancarotta, NO a chi si serve della Musica invece di servirla.

Più amore per l'Opera, più onestà, più competenza. L'ignoranza, che Spinoza definiva giustamente “immorale”, ha creato una generazione di ladri e di furfanti. Cacciamoli via e sarà un bene per le Fondazioni, oltre che per l'Italia.

 

 
QUATTRO SALTI A NEW YORK
Venerdì 14 Maggio 2010 23:14

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Il recente soggiorno a New York mi spinge a fare alcune considerazioni , diciamo qualche appunto di viaggio che condivido amabilmente con chi ha voglia e tempo di leggere.

Partirei dagli aeroporti. L'aeroporto JFK di New York è in condizioni disastrose, tanto da far apparire Fiumicino come una sorta di Eden: per imbarcarsi tocca affrontare chilometriche file oppure munirsi del check in elettronico via internet e poi affidarsi a uno di quegli omini col cappello da soldato, che pesano le valigie e le sbattono dentro la carlinga.code

In compenso il passaggio attraverso i controlli è abbastanza rapido, ma solo se usufruisci del “servizio VIP” , che non a tutti viene concesso.

A bordo del comodo aereo Delta ti accorgi della differenza fondamentale tra le hostess italiane e quelle americane: le italiane sono stupende, le americane....orribili. Dove sono finite le bellezze delle innumerevoli fictions dalle quali siano quotidianamente bombardati? Scomparse le larve di Hollywood ecco aggirarsi sull'aereo delle tragiche fanciulle para-cinquantenni , decisamente contro ogni possibile tentazione.hostess

A New York , tutti sanno, si corre. L'elemento base della vita nella Grande Mela è la corsa: un passo podistico accompagna ogni singolo spostamento a piedi, tutti corrono, ognuno scatta velocemente verso la sua mèta come in preda a una strana ossessione. new_york3

Il passo all'italiana, lento e indeciso, viene considerato un insulto: una vecchietta terribile mi ha scansato di brutto urlando “Excuse me!” , tanto che ho pensato volesse scipparmi. Quando un new yorchese è arrabbiato lo capisci dal tono del suo “Excuse me!” , se scandisce separando le sillabe “Ex- CU-SE ME!” vuol dire che è incazzato nero.

A proposito di neri. I neri occupano lo strato sociale più basso alla faccia di Obama e  di ogni possibile secessione: neri sono i portieri, nere le cameriere, nero il poliziotto, nero l'usciere, nero il facchino, nero il tassinaro. Nulla sembra cambiato dall'epoca della capanna dello zio Tom.

New York è un gigantesco shopping center, un supermercato a cielo aperto. Trovi tutto quel che ti serve ma anche di più. I molteplici Duane Reade sparsi in ogni dove ti inducono a munirti anche di sostanze solitamente prescritte dal medico, e così fai scorta di echinacea, magnesio, vitamine, polveri per ogni fungo, olio di pesce, tea tree...scatta inesorabile la libidine farmaceutica e come per incanto scopri l'orgasmo da omega 6 .

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Del Metropolitan , il tempio dell'Opera, ho già parlato ma varrà la pena tornarci un po' sopra.

Ci si va per divertirsi, e fin qui nulla di male: singolari , però, le risatazze del pubblico per opere drammatiche come Tosca e Armida di Rossini. Rossini è considerato autore comico, sempre. Ora anche Puccini.

Molte signore hanno difficoltà a tollerare per tre atti le scarpe strette e quindi pensano bene di toglierle durante lo spettacolo. Una signora accanto a me, allungò le gambe sulle ginocchia del partner per farsele massaggiare durante l'Olandese volante di Wagner: un comodo sistema per superare le lungaggini di questo particolare, non sintetico  compositore.

Al Met vi sono altre stramberìe: i beverini dedicati al grande basso Ezio Pinza (perché lui?!), un gigantesco e minaccioso ritratto di Domingo , le foto in ordine alfabetico dei protagonisti più famosi del Met, da Licia Albanese a Teresa Zylis Gara.

A New York, quando la temperatura sfiora i 10° sopra lo zero, si considera di essere ai Tropici, la gente si spoglia. A 20° siamo nel Sahara, la gente è ai limiti del nudismo, a 30° siamo alla sauna. Per questo motivo l'aria condizionata viaggia a paletta ovunque: nei taxi si rischia l'ibernazione, al Met vieni sferzato da autentiche lame di Toledo di ghiaccio, la tua stanza in hotel è una neviera.

In compenso vi sono negozi per melomani in cui lo spaccio dei dischi rasenta l'impossibile: trovi tutto ciò che sogni o che cerchi, a prezzi molto convenienti.

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A New York non muori mai di fame né stai mai fermo, l'ombrello deve essere sempre nella borsa, un telefono tri-band e una cospicua carta di credito. Suggerisco anche di partire con una valigia semi-vuota: è impossibile resistere alle tentazioni e alle compulsioni del tipico turista.

I supermercati sono un'altra favola: lo stand della frutta e verdura sembra uscir fuori dal paese di Gulliver : meloni giganti, fragoloni in serie dolcissimi, uva grossa come palle da tennis, banane blu, sedani che paiono armi contundenti. Giapponesi impazziti confezionano 24h su 24h blocchi di sushi, tali da sfamare un esercito. Non si fermano mai.

 

 


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