ATTILA, Teatro Verdi di Trieste, la Prima
News
Sabato 22 Giugno 2013 11:43

Ultime ANSA del giorno 22/06/2013

 

 10:00 - Lirica: Trieste omaggia Verdi con un Attila

                                 superlativo

 

(ANSA) - TRIESTE, 22 GIU - La Fondazione lirica

'Giuseppe Verdi' di Trieste ha celebrato il bicentenario del

'Cigno di Busseto' con 'Attila', fuori cartellone, ieri sera

applaudita 'a scena aperta' da un pubblico 'finalmente'

giovane, e partecipe. Successo soprattutto del cast vocale,

Attila (Orlin Anastassov) e Odabella (Anna Markarova) su

tutti. Ma successo anche della regia di Enrico Stinchelli,

ottima, e degli allestimenti. Foresto (Like Xing), non ha

brillato, timbro poco adatto. Ha diretto Donato Renzetti.

GRT/DO


  Immagini  tratte  dalla  Prima  di  ieri  sera:

 

   attila__preludio1

     Preludio

 

                  attila__preludio2__violenza

                      Preludio  

 

               attila__entrata

                 Prologo, con  Orlin Anastassov (Atila) e Antonello Ceron (Uldino)

 

                       attila_odabella2

                         Prologo,   Cavatina  di  Odabella  (A.Markarova)

 

 

    attila__duetto    attila__duetto2

     Prologo,  duetto  Attila-Ezio                                           Ezio (V.Aanastassov)- Attila (O.Anastassov)

 

                   attila__alba

                    Prologo,   Cavatina di Foresto (L.Xing) 

 

                   attila__aria_odabella

                      Atto  I,  aria  di  Odabella  (A.Markarova)

 

                    attila__duetto3

                       Atto I,  duetto  Odabella- Foresto

 

 

                attila__orlin

     Atto I,  Sogno  di  Attila

 

                

                      attila__PAPA1


                                   Atto I,  entrata  Papa  Leone  Magno

 

                    attila__ezioo 

                        Attila, atto  II    aria  di  Ezio  (V. Anastassov)

 

            attila__banchetto

                 Atto  II,  scena  del  banchetto

 

             attila__banchetto_balletto__buono

                  Scena del  banchetto

 

            attila__tenore_3_atto

   Atto  III,  aria  di  Foresto

 

              attila__finale_sequebnza3

                     Attila,   quartetto    finale  atto  III

 

       attila__finale_SEQUENZA2

   Finale

 

                attila__SEQUENZA_1 

                        Finale

 

                    attila__finale3

                       Sipario

 

 

                     attila__applausi1

                        Applausi

 

Photos  by  Ulduz Ashraf  Gandomi

 
ATTILA, Teatro Verdi di Trieste, note di regìa
News
Mercoledì 05 Giugno 2013 20:47

                                                attila_locandina_trieste

 

 

Quando si parla di Attila, si finisce per considerare la bellezza indiscutibile di alcune pagine musicali, già dense e cariche di quel pathos che ha reso memorabili le grandi “frasi verdiane”, fin dal magnifico Preludio , continuando con la Tempesta e l'entrata del tenore, l'aria trasognata del soprano (“O del fuggente nuvolo”) , il Sogno di Attila con la veemente cabaletta, i magnifici concertati e soprattutto quel finale così essenziale e perfetto, in cui si realizza la predestinata fine del protagonista.

Sono pagine stupende, senz'altro, ma nella sua interezza e soprattutto nella sua verità drammaturgica, Attila non ha goduto della stessa considerazione di altre opere verdiane. Spesso e volentieri l'esito è stato quello d'una passerella vocale, campo di battaglia per bassi e soprani tonanti, tenori scalpitanti e baritoni “sibemolleggianti” , se mi è consentito questo neologismo vociologico. A volte vere e proprie gare canore a discapito della regìa.

Mi raccontò il baritono Carroli che a ogni recita il basso Christoff, non appena Ezio si allontanava da lui al termine del grande duetto “Vanitosi, che abietti e dormienti”), scagliava una lancia con infallibile precisione a quasi 20 cm dal tallone del generale romano. “Non ti preoccupare” , diceva Christoff al collega alquanto atterrito, “ Io lanciere scelto delle guardie di Re Boris” . Effetto notevole, ma ai tempi del grande basso bulgaro le regìe si facevano così, chacun pour soi et Dieu pour tous.

                       christoff

                                          Il grande  basso bulgaro Boris Christoff


Attila presenta temi di grande attualità, nonostante ci riporti ai tempi dell'Impero Romano: la violenza, le trame politiche, i giochi di potere, la sopraffazione, il tradimento. Quando Ezio canta “Sovra l'ultimo romano, tutta Italia piangerà” sembra quasi di udire i lamenti per l'odierna crisi, oggi- in fondo- in Italia piangono un po' tutti ,a ragione o a torto.

Io ho sottolineato fin dall'inizio il tema trainante della bruta violenza barbarica. “ Urli, rapine, gemiti, sangue,stupri, rovine, e stragi e fuoco d'Attila è gioco” canta il Coro degli Unni all'inizio dell'opera, sulle ancora fumanti rovine di Aquileia. Non è uno scherzo : vedremo scene di violenza piuttosto esplicita, nell'atmosfera buia e fangosa rievocata dalla fine del Preludio, l'arrivo pauroso delle truppe di Attila, il flagello di Dio assiso su un trono metallico, le vergini guerriere prostrate ai suoi piedi e offerte in premio , capitanate da Odabella.

I caratteri sono molto forti e scolpiti con la consueta perizia dal grande uomo di teatro: il soprano è la sorella di Abigaille, l'altra grande virago, e forma con Lady Macbeth l'ideale trio dei soprani drammatici di agilità dalla tessitura perigliosa e dagli accenti aspri. Ho cercato di mantenere comunque l'aspetto femminile in maniera piuttosto marcata: spesso questi soprani appaiono come dei “veri uomini” cui manca giusto un bel paio di baffoni . La virago apparirà dunque come Ygritte nel “Trono di spade” o come l'amazzone Ippolita, sufficientemente sexy per non essere confusa con un Unno. Attila, dal canto suo, non è soltanto un personaggio temibile e violento: è piuttosto un re orgoglioso, fiero, consapevole della sua forza e del suo indiscutibile carisma. La gelosia del tenore, marito di Odabella, deve essere ben motivata: Attila, fin dai tempi gloriosi del film con Anthony Quinn  e  Sophia  Loren, ha sufficiente fascino per instillare un lecito dubbio negli spettatori; e se Odabella ne fosse realmente sedotta? Certo, alla fine sarà lei a trafiggerlo, vendicando così la morte del padre ma ...chissà cosa avvenne nella tenda del fascinoso barbaro.

                    Attila_Quinn

Il carattere più debole resta quello del tenore, in bilico tra il suo lato irredentista e l'amore per una Odabella, presunta fedifraga, “preda del mostro”. Ma Verdi, benigno, gli affida frasi e arie memorabili, rendendolo persino protagonista della fondazione di Venezia, che avviene puntualmente al termine della grande scena d'entrata, “ Ma dall'alghe di questi marosi, qual risorta fenice novella, rivivrai più suberba più bella, della terra e dell'onde stupor”. E' quindi,a suo modo, un piccolo eroe e sarebbe grave errore privarlo di questa dignità.

Cupo, meditabondo, afflitto dai suoi contrasti, un grande solitario è Ezio, il generale che trama: ho pensato alla grande solitudine di un uomo afflitto dalla smania di potere e che alla fine tradisce l'unica persona che, paradossalmente da nemico, lo apprezzava di più. Come accade in politica, purtroppo.

Verdi riesce, come suo solito,a dipingere molto bene le atmosfere dei luoghi: nella sua musica si avverte la bruma, la nebbia, l'acqua che circonda l'intera vicenda e ne diventa quasi motivo conduttore. Con l'aiuto di un mago della scenotecnica come Pier Paolo Bisleri, che ben conosce gli elementi propri della sua terra: il legno, la roccia, il fango, e con le preziose proiezioni dinamiche di Gerald Ordway e Alex Magri, abbiamo cercato di rievocare il clima di Aquileia e dei suoi dintorni, le paludi di Rio Alto, i boschi, le radure, puntando sulla realizzazione di un film opera che sfuggisse agli schemi rigidi del primo Verdi, ma fosse un dramma estremamente continuo e scorrevole, con un solo intervallo al termine del I atto.

                                  attila_bozzetto__verdi_trieste

L'opera è stata concepita inizialmente per essere rappresentata all'aperto, di fronte alla meravigliosa Basilica di Aquileia, progetto che verrà realizzato il prossimo anno e di cui le recite al Verdi costituiscono un ghiotto preambolo e una eccitante sfida.

Sono particolarmente felice della magnifica disponibilità e professionalità dei complessi triestini, della qualità del suo laboratorio e di coloro che vi lavorano; la sicurezza di un maestro come Donato Renzetti, già protagonista di memorande recite di Attila, l'eccellenza di un cast che si impegna battuta dopo battuta. E' un grande sforzo per l'anno verdiano , in un anno non facile per l'Opera in Italia e per la Cultura in genere. Mentre i teatri licenziano parte del personale e tagliano titoli per mancanza di fondi (non elargiti da uno Stato tendenzialmente sordo), Trieste ne aggiunge e reagisce alla crisi per omeopatìa. Scelta coraggiosa e salutare per tutti coloro che amano il teatro d'Opera, uno dei nostri vanti storici.

 

                                teatro_verdi_trieste

 

                                                 Trieste, Teatro  Verdi

 

 

 
NORMA versione light con la DEVìA
Recensioni
Venerdì 19 Aprile 2013 13:52

                                         norma_deva2

 

Ho  sempre sostenuto che  una buona tecnica  sia  in grado di assicurare  anche una  buona interpretazione. Il corretto  uso del  fiato, la  posizione  "alta" dei suoni, la  capacità di  modulare  il proprio strumento  sono  i  dati precipui  per  poter  risolvere  quanto  previsto  dall'autore, e  l'espressione  è  segnata  da  precise dinamiche  musicali.

Mariella  Devìa  è  ancor  oggi, alla  sua  bella  età, il miglior  soprano  leggero  in circolazione: nulla a  che  vedere  con  talune starlettes  terribilmente  sostenute  dai battages  pubblicitari  e  tragicamente penalizzate  dalle  loro  prestazioni  pubbliche.

Il problema  però  si  pone  con Norma, che  NON E'  un SOPRANO LEGGERO.  Norma  è  il  prototipo esatto  del soprano  drammatico di agilità, una  tipologìa  vocale  che  a fianco  dei caratteri  tipicamente belcantistici   propone  accenti, fraseggi  e  un mordente  tipicamente  drammatici, antesignani  di  quei  personaggi  che  Verdi  e  successivamente  gli autori  del  naturalismo avrebbero  esaltato. Ho volutamente  fatto  cenno al  Verismo  poichè  è  noto, dalle cronache del  tempo, che  Giuditta  Pasta  riusciva  a commuovere  il  pubblico  della  Scala  proprio  aggiungendo  al  proprio  canto  : pianti, singulti, accenti  che  oggi  vedremmo  bene  per una  Santuzza   più  che  per una  Norma.  Questo  è  un grande  paradosso:  sul  principio  dell'800  si  recitava  e si  cantava  in maniera  più  "veristica"  di  quanto si  sarebbe fatto  oltre  un secolo  più  tardi!

                               norma_deva3

Ma torniamo alla  Devìa.  Non possiede  un timbro  scuro, pieno, corposo  ma  chiaro. Una  Norma  chiara  non va  bene, mi si  dirà? No, non va  bene, perchè  come  suo contraltare  dovremmo avere  una  Adalgisa  soubrette  e  un Pollione  contraltino, il che  non può  essere. La  Devìa  non  possiede l'agilità "di  forza"  , conditio sine  qua  non per risolvere   frasi incendiarie  come  "Tutti, i romani a  cento a  cento", "Vanne  sì, mi lascia  indegno",  gli allegri  dei  duetti con Adalgisa: tutte  le  volte  che  deve  salire  in agilità, lo fa  alla maniera  dei  soprani leggeri, cioè -per  l'appunto- alleggerendo l'emissione  e schiarendola, un  sistema  perfetto  per  Amina, Elvira  dei  Puritani, Adina  in Elisir, Fiorilla  nel  Turco in Italia  ma non  per  il  carismatico  ruolo  di Norma. La  Devìa   emette  gli acuti  in perfetta  posizione  alta ma  non ha  la  "canna"  sufficiente  per dare ai  suoi  do  e  si naturali  l'autorità  e  la  grandiosità  necessarie. Diciamo  pure  che  per  guidare  e  convincere  un'orda  di  barbari  si  supporrebbe  una  autorità diversa.

Un altro sostanziale  problema  della  Devìa  è  per  l'appunto l'accento  in relazione  al  suo  fisico, gracile  e  minuto: : era  il  problema  della  Gruberova, accusata  di  essere  una  Norma  formato  mignon, è il problema  della  Norma-zanzara  della  Bartoli, è un problema  per  ogni  Norma  di ascendenza  "leggera".

Non  parlo nemmeno di  volume, sebbene  gli  acuti  della  Devìa  sono  giusti ma non  certo  fulmini  di  guerra: la  Caballé aveva  ben  altri  decibel, e  così la  Sutherland, la  stessa  Anderson, per  non andare  troppo indietro  nel  tempo.

Fatto  sta  che  il  pubblico  bolognese  ha  tributato un trionfo all'amata  Mariella, con  un paio di  solitari  "buh"  al  termine della  cabaletta  "Ah  bello,a  me  ritorna"  (insolitamente  eseguita in maniera  prudenziale e   persino timorosa) e altri  "buh" , più nutriti  stavolta, al  termine dello sbiadito terzetto  che  chiude  il  primo atto. In effetti  il momento peggiore  della  serata. Risolti al  meglio  tutti i passaggi  più  lirici, dove  l'emissione  in pianissimo  ha  giovato  sia  alla  Devìa  che alla  sua partner, Carmela  Remigio, con un  ottimo risultato nel  secondo atto e  in particolare  nel  duetto  "Mira  o  Norma".

                                                norma_devia4

Il  tenore  Machado  canta  con proprietà  e  gusto  (nonostante  un brutto  do  gridato  nell'aria  del  primo  atto), ma  anch'egli  è  leggero per  nascita  e  censo:  con una  determinata  voce  ci nasci, non puoi trasformarla  a  tal  punto  da  cambiare  la  categoria  dai  "piuma"  ai  pesi  "massimi". In troppi  punti  faceva  pensare  (anche guardandolo) a  Nemorino, o a  Elvino,  agli  -ino  e  non agli  -ONE.

Il basso  Sergey Artamonov funzionava  fino a che non doveva  salire, poi  sugli acuti....addio....la  voce si  strozzava.

Efficace  Gianluca  Floris  come  Flavio, anche se  con troppe  note  "aperte", e  buona  la  Clotilde, Alena  Sautier, che  aveva  persino  più  voce  di  Norma....assurdo.

Lo spettacolo  di  Tiezzi gettava  sul dramma  una  secchiata  di  gelo, come una  grande  fotografia  sbiadita. Pose  plastiche  per  comparse  e  Coro, strani gesti, Clotilde  e  i  bambini afflitti  da  narcolessìa, Adalgisa  che pareva  spesso  in preda al   colpo della  strega,  Norma  mite  e disincantata   come  in un  party . Belle  le  scene  di  Bisleri   e  i  dipinti  di  Schifano  ma  mal  utilizzati  dalla  regìa, belle  le  luci  di   Gianni  Pollini.

Il maestro Mariotti  ha  curato  molti  dettagli  e  ha  aiutato  in maniera  incredibile  tutto  il  cast,  conferendo un  bello sprint  laddove  ha  potuto  (certo, la  cabaletta di  Norma  al  rallentatore  non è  stata  sua  responsabilità). Buona  la  prova  dell'orchestra  e  del  Coro ancor  di  più, anche  se  qualche strumento a  fiato non è  sempre  intonatissimo e  l'acustica  bolognese...non perdona.

                                                  norma_devia5

 
GLI ABITI NUOVI dell'IMPERATRICE
Recensioni
Martedì 09 Aprile 2013 19:35
Bartoli1__primo_piano
 

   CECILIA  BARTOLI  all'AUDITORIUM, Roma 8\4\2013



N. Porpora Sinfonia da "Meride e Selinunte"
"Come nave" aria di Siface da "Siface"
R. Broschi "Chi non sente al mio dolore" aria di Epitide da "Merope"
N. Porpora Ouverture da "Germanico in Germania"
G. F. Händel "Lascia la spina", aria di Piacere da "Il Trionfo del Tempo e del Disinganno"
F. M. Veracini Ouverture N. 6 in sol minore - Allegro
L. Vinci "Cervo in bosco" aria di Climaco da "Medo"
L. Leo "Qual farfalla", aria di Decio da "Zenobia in Palmira"
F. Araia "Cadrò, ma qual si mira", aria di Demetrio da "Berenice"
N. Porpora "Usignolo sventurato", aria di Siface da "Siface"
C. H. Graun "Misero pargoletto", aria di Timante da "Demofoonte"
A. Scarlatti Sinfonia di concerto grosso n. 5 in re minore - Spiritoso e staccato - Adagio - Allegro
A. Caldara "Quel buon pastor", aria di Abel da "La morte d'Abel"
N. Porpora Overtures dalle cantate "Gedeone" e "Perdono, amata Nice" - Adagio - Spiritoso andante - Allegro
L. Vinci "Quanto invidio la sorte... Chi vive amante" Recitativo e aria di Erissena da "Alessandro nelle Indie"
N. Porpora "Nobil onda" aria di Adelaide da "Adelaide"

                                   Bartoli3__fanfan_la_tulipe

 

“Sacrificium” , l'album dedicato ai castrati, approda a Roma nel grande auditorium di Santa Cecilia e la Bartoli fa il suo ingresso travestita da Fanfan la Tulipe, con ampio mantellone nero foderato di rosso, camicia bianca a sbuffo e stivaloni, procedendo di aria in aria a un piccolo strip, fino a presentarsi nel bis immancabile “Son qual nave” di Broschi con ampi pennacchi, lanciati in aria uno a uno durante gli osanna del pubblico.

E sotto al vestito?  Qualcosa c'è, in effetti...un gran temperamento, che poi è la dote migliore per chi voglia diventare qualcuno o qualcosa nel mondo dello spettacolo.

                   

La Bartoli, come è noto, si è costruita un personaggio attorno a un non-repertorio (dove si esegue Germanico in Germania, Zenobia e Palmira o il Siface?) e con una piccola voce. Già, perchè privo della dovuta amplificazione, lo strumento della diva non è più che modesto, buono forse per piazzarla in una finale di concorso ma senza vincere. La Bartoli è un fenomeno assolutamente mediatico: i dischi Decca, che la presentavano 20 anni fa in bluson noir e con look vagamente zingaresco, oggi la propongono in ogni maniera possibile: in posa Anita Eckberg sotto la fontana di Trevi, in frak , marmorizzata e androgina nell'omaggio agli evirati cantori di “Sacrificium”, calva e in clergyman in puro stile Angeli e Demoni nel suo ultimo album "Mission" , insomma....un 'abile gioco di travestimenti buono per creare un perfetto mito discografico. In fondo, nello scaffale del melomane, i cofanetti della Bartoli fanno bella mostra di sé, a prescindere dal contenuto;  e , come  tutti i  salmi  finiscono in gloria,  così  quasi  tutti i  concerti  della  Bartoli  finiscono  con standing ovations  e  trionfi  di  pubblico, felici tutti   di  naufragare  nei  gorghi  della  simpatica  Cecilia . Gli acuti squittiscono? Manca  la  polpa? Ma  che  voce  è? ....considerazioni  da  vociomani inveterati, da  'fissati' , da  nostalgici. La  Bartoli  vince  ridacchiando  e  saltellando, il biglietto  è  ampiamente pagato dallo show.

                      


Intendiamoci: la cantante è molto intonata (salvo qualche perdonabile scivolone nei bis finali), espressiva, sa variare e nei cantabili, nelle arie “di portamento” , è persino plausibile quando la tessitura giunge in suo soccorso, cioé quando canta nel registro medio (che è il suo registro d'origine). Quando iniziò la Bartoli era appunto un mezzosoprano di agilità, di voce non grande ma abbastanza omogenea, destinata a un repertorio limitato ma comunque splendido, che partendo da Monteverdi poteva approdare all'opera napoletana del 700, a Mozart, a talune opere di Rossini. Se si confronta la voce della prima Bartoli, quella ancora svincolata dalle acrobazie forsennate e isteriche degli ultimi tempi, con la attuale si nota un solo dato eclatante: il “sacrificium” è stato quello della sua vocalità, prosciugata  e stravolta da un abuso di suoni non appoggiati e paurosamente “indietro”. Ascoltate  questa  Bartoli  di  23  anni  fa: la  voce  è  più omogenea, piena, persino il colore  è  più  bello, gli acuti  non sono  così  vuoti  e pigolanti  come  quelli attuali. Poteva  essere  la  vera  erede  di Teresa  Berganza. Giusto le  "facce"  sono rimaste le stesse, ma  quelle  sono  difficili da  eliminare....

                     

Basta  oggi una compagine come quella scaligera guidata da un direttore “vero” come Barenboim, ed ecco la vocina travolta dall'onda sonora, esattamente come la nave di tante arie di paragone del repertorio barocco. E  giù  fischi, come da  tradizione  "Scala".

                       

Con la ventina di strumentisti del complesso “La Scintilla” , striduli e spesso stonicchianti (cos'erano i corni....) , questo pericolo non si corre e la Bartoli può vocalizzare allegramente, facendo felice il pubblico dell'Accademia di Santa Cecilia, che la adora.

Esito trionfale, dunque, come da copione.Ma...sotto al vestito....

 

                                    bartoli_nuda

 


Pagina 38 di 110