GENOVA, ORA SI PASSA AGLI INSULTI : DIALOGO IMPOSSIBILE
Mercoledì 01 Settembre 2010 08:56

Da  "Repubblica"  ed. genovese  31\agosto\2010


leggiamo:


Carlo Felice, fischi al sindaco


Vertice sindacale rinviato


"Sono profondamente indignata", replica Marta Vincenzi. "Ho fatto di tutto per risolvere la crisi. Ma adesso si è proprio al fondo del barile. La Cassa integrazione è l'unica arma per arrivare in fondo al 2010". L'incontro con i rappresentanti sindacali nazionali slittato al 6 Settembre

 

di ROBERTO IOVINO

Si sperava in una concreta apertura di un tavolo sindacale per chiarire i termini della cassa integrazione concessa in deroga dalla Regione al Carlo Felice. Questo pomeriggio, invece, l'incontro è slittato di un'altra settimana e il sindaco, presidente della Fondazione Marta Vincenzi, è stata fischiato.

Alle 15 era previsto l'incontro in Auditorium Montale fra i sindacati nazionali, i sindacati locali, il consiglio d'amministrazione e i dipendenti interessati. Di fronte al teatro, il sindacalista autonomo Nicola Lo Gerfo ha improvvisato un comizio per comunicare ai colleghi che i sindacati autonomi nazionali, avendo ricevuto all'ultimo momento la convocazione, non si sarebbero presentati e ha accusato Marta Vincenzi e il consiglio d'amministrazione di voler imporre la cassa integrazione. Proprio in quel momento è arrivata Marta Vincenzi, accolta da fischi e insulti.

"Sono profondamente indignata", ha dichiarato il sindaco in una successiva conferenza stampa, tenuta negli uffici della sovrintendenze presenti il sovrintendente Pacor e alcuni consiglieri (Orlando per  Finmeccanica, Lavatelli per Irel, Ferrari per la Regione, Fossati, come direttore di staff). "A luglio quando ci siamo accorti che non c'erano neppure i soldi per pagare gli stipendi di quel mese sono stata io come Comune ad andare con il mio assessore al bilancio dal presidente della Carige e ottenere un'ulteriore anticipazione. Ma adesso si è proprio nel fondo del barile".

Il sindaco è convinto che "la cassa sia l'unica arma per arrivare in fondo al 2010: non significa licenziamenti, chiusura. Garantisce solo un minimo di stipendio a chi lavora nel Teatro. Speriamo di farcela e che la riunione con i sindacati fissata per il 6 Settembre dia i risultati che ci aspettiamo".

(31 agosto 2010)

 

Il  Commento:

 

Quando  il  dialogo,  pur  contrapposto  nelle  idee ma  civile,  si  trasforma  in  uno scontro  belluino ogni  parola  diventa  fumo  e  ogni  buona  intenzione  lascia  il  posto  alla mera  violenza, verbale  e  ormai  anche fisica.

Quello che sta  accadendo a  Genova  sta  superando  i  limiti  della  civiltà.

Veniamo ai  fatti. Nudi  e crudi.

Alle  ore  15  di  ieri  era  convocata  una  importante  riunione  tra  Sindaco e  lavoratori  del  Teatro  Carlo  Felice, per discutere  sulle vie  d'uscita  alla  ormai  ben  nota  situazione  d'impasse  determinata  dal  deficit  enorme della  Fondazione  e  dalla  conseguente  impossibile erogazione  dello  stipendio. I  sindacati autonomi nazionali , a  detta  del  sindacalista  autonomo  Nicola  Lo  Gerfo  (che in tutta  la  vicenda  rappresenta  il  classico  capopopolo  contrapposto  violentemente al  Sindaco  e  al  CDA)  non  potevano  essere  presenti  causa  una tardiva  convocazione; per  la  Direzione del teatro  sono i  sindacati  Fials  e  Cisl a  non essersi  presentati  nonostante la regolare convocazione    e  Lo  Gerfo   appartiene esattamente  alla  Fials!

Sono volate parole grosse:  sembrerebbe  che  , oltre  alle  normali  contestazioni  "di prammatica",  gli  epiteti  siano  giunti  persino a  rievocare  la  famosa  città di  Troia , non certo  per  decantarne le vicende  storiche  ma   per  associare  questo epiteto al  nome  del  Sindaco, tra l'altro  giunta in teatro  a piedi  e  senza  la  scorta.

Un'aggressione  di  tal  fatta  è  sempre censurabile, a  prescindere  dalle  ragioni  che  vengono  esposte. Il  dialogo  non è  violenza, MAI!

Di  fatto, alle  ore  15  nessuno  ha  potuto  presentare  ai  lavoratori  il  piano  di  rilancio  , sia amministrativo  che artistico. Il  rifiuto  della  cassa  integrazione  e  di  qualsiasi  trattativa  induce a  pensare  che Lo  Gerfo  e  i  Suoi  preferiscano a  questo  punto un teatro  chiuso, fallito  e  i lavoratori a casa  senza  nemmeno  un'oncia di stipendio: perché lo scenario  è  proprio  questo.

Democrazìa  vorrebbe  che  le  parti, pur  esarcebate, si  ascoltino, valutino  le  proposte,  prendano  in esame  i  piani amministrativi  e  artistici  dopodiché  decidano  il  da  farsi, di comune  accordo.

Ma  se  una  delle parti non può  nemmeno  parlare  perché  sommersa  da fischi  e  improperi  di bassa  lega?

Allora  il dialogo  non c'è, semplicemente.

Il  referendum  tra i  lavoratori, proposto  dal  Sindaco, viene  costantemente  osteggiato  da un manipolo  di oppositori (ieri  in piazza  se  ne  sono  contati  50  circa  su  300) :  perché?

Con tattiche  così  scombinate  e  ormai  giunte alla  violenza  non si  arriva  da  nessuna  parte  e la  vittima, PRIMA  e  UNICA, in tutta  la  vicenda  si  chiama  Teatro  Carlo  Felice.