NABUCCO a VERONA SFIDA E VINCE IL MALTEMPO
Sabato 20 Giugno 2015 12:05

                                                                

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Sembrava un gioco facile inaugurare la 93sima stagione all'Arena di Verona con Nabucco, titolo quanto mai

legato alla storia e alla tradizione di questo eccezionale palcoscenico, ma in realtà la serata di ieri si è

trasformata in una sfida contro il maltempo, ormai consuetudine per l'ex “paese d'o sole” . Un vento gelido e

scrosci improvvisi d'acqua hanno funestato l'Arena fin poco prima l'inizio dello spettacolo, poi, quasi per

intervento di un provvidenziale Jehova, l'acqua si è fermata lasciando il posto a continue, fastidiosissime

raffiche di vento, contro le quali hanno combattuto gli eroici complessi veronesi , il pubblico e soprattutto i

cantanti,messi a serio rischio da queste condizioni semi-proibitive.

Il pubblico, numeroso e festoso, ha gradito molto lo spettacolo e ha salutato con continui applausi gli

interpreti, tanto da decretare quello che può definirsi senz'altro un trionfo.

 

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 (il cast  di Nabucco, da  sinistra: il maestro  Frizza,Luca Salsi, il sovrintendente Girondini,il maestro  De  Bosio, Martina Serafin, Alessandro Guerzoni, il direttore artistico  m.° Gavazzeni)


Il segreto per la riuscita di un'Opera è l'equilibrio dell'ensemble, l'omogeneità su un alto livello del cast , ed

è quello che si registra in questa occasione. Luca Salsi, baritono lanciatissimo e pedina fondamentale per

taluni titoli verdiani, si è dimostrato vincente sia per l'autorevolezza dell'accento, sia per la scansione

veemente della parola-scenica tanto perseguita da Verdi , fin dalle sue prime opere. Ogni frase era scandita

con precisione e con grande concentrazione, senza tralasciare nulla. La voce si imponeva per il volume e la

pastosità del colore, facendo ricordare i grandi della vecchia scuola italiana (ricordiamo il maestro di Luca

Salsi, Carlo Meliciani, allievo del sommo Tagliabue), con un tonante la bemolle al termine della cabaletta “O

prodi miei” sovrastante il Coro. Il punto più alto della serata, a parte la bellissima preghiera “Dio di Giuda” è

stato a mio parere il duetto con Abigaille, dove oltre alle doti elencate prima si sono registrate morbide e

fluenti mezzevoci senza mai scadere nei suoni spoggiati. Dal punto di vista attoriale Luca Salsi ha potuto

dominare il palcoscenico con molta credibilità, sebbene la regìa lo obligasse a una linea convenzionale,

senza spunti particolari e senza molte possibilità creative.

 

Al suo fianco un bel debutto di Martina Serafin come Abigaille, che deve solo trovare un equilibrio più

rilassato e convinto in una linea belcantistica e non soltanto drammatica. Abigaille deriva dalle eroine

donizettiane e belliniane e non deve essere legata a ciò che viene dopo: più Anna Bolena che Aida,

insomma. In modo tale da dominare le asperità della parte riposandosi sull'aria “Anch'io dischiuso” e sulle

delicate mezzevoci previste da Verdi, troppo spesso dipinto nel Nabucco come l'assassino della Strepponi

(prima interprete). La Serafin ha dalla sua una voce naturalmente calda, di splendido smalto, pastosa,

rotonda e una bella tenuta in acuto, non ha avuto soverchie difficoltàa superare indenne la cabaletta “Salgo

già” e i numerosi salti al do acuto della parte. Ma è nel duetto con Nabucco e nel trasognato finale che ha

trovato i suoi punti di forza, riuscendo tra l'altro a rappresentare un bel personaggio scenico, in virtù d'un

fisico elegante e imponente.

 

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Ottima la prestazione di Nino Surguladze come Fenena, di rara eleganza e aplomb stilistico, con un perfetto

controllo nella difficile aria dell'ultimo atto, e così il tenore Pretti come Ismaele, di timbro giovanile e schietto

ma sempre puntuale su ogni frase importante e nel bellissimo concertato “S'appressan gli istanti”.

 

Il basso Beloselsky, ormai Zaccaria di riferimento in tante importanti occasioni, ha uno strumento di

splendida qualità ma soprattutto nella zona mediana della voce: in alto gli acuti suonano un po' fibrosi, duri

e in basso la voce tende a scomparire rispetto alla gamma centrale molto sonora, indice di qualche

problema tecnico da risolvere. Tuttavia ha risolto con baldanza i suoi tremendi passaggi, dall'aria d'entrata

alla cabaletta, al finale III, e ha ottenuto grandi applausi per l'aria “Tu sul labbro”, di gran lunga il suo must.

 

Di livello anche le seconde parti, a cominciare da Abdallo, il preciso e squillante Francesco Pittari, con

Madina Karbeli come Anna e il basso Guerzoni nella parte ingrata del Sacerdote di Belo, risolta con

esuberante partecipazione.

 

 

 

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Last but not least, il maestro Riccardo Frizza ha creato un Nabucco brillante, vivido, imponendo un ritmo

molto incalzante fin dalla Sinfonia, attento ad assicurare una dinamica varia e non il perenne mezzoforte cui

ci hanno abituati tanti suoi colleghi. Tuttavia è mancata a tratti quella “tinta” , quel colore scuro, plumbeo,

cupo che Nabucco deve avere per caratterizzare e sostenere il canto: vuol dire dare maggior peso agli

archi bassi, a determinati strumenti a fiato, conferire “terribilità” alle marce babilonesi e soprattutto al tema

ricorrente, barbarico, che caratterizza Nabucco. Insomma: Nabucco deve far paura . L'orchestra del

maestro Frizza era a tratti troppo “allegra” , troppo “positiva” se il termina aiuta a far capire cosa intendo.

Tuttavia la resa della compagine areniana è stata pressoché perfetta, sia per quanto riguarda l'orchestra sia

per l'ampio Coro,a cui è stato chiesto- come di prammatica- il bis di “Va pensiero”.

 

Lo spettacolo, firmato dal veterano Gianfranco De Bosio, rientrava nella classica tradizione, con i pregi e i

difetti di questa concezione. Molto bello l'impianto scenografico, con l'idea della Torre di Babele riprodotta

sul palco dell'Arena ma illuminata da luci troppo scontate, che non ne valorizzavano se non a tratti

l'imponenza e la bellezza. La regìa si limitava a ordinare le entrate e a posizionare schematicamente il

Coro, secondo una regola di “pulizia” generale apprezzabile ma vista e rivista in migliaia di occasioni.I

costumi belli ma a volte ingombranti, con il luccichìo dei variopinti soldati un po' troppo “carta da

gianduiotto”. Grande successo  per  tutti. Ottimo il folto gruppo di comparse  che ha  riempito gli spalti.

 

 

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