UN MACABRA ESTATE DA ZOMBIE
Domenica 26 Luglio 2020 11:13

                          maschere_al_mare


La cosiddetta pandemia, tra i suoi molteplici risultati (tragici

per i decessi e l’economia, comici per l’uso e l’abuso delle

mascherine) ha ottenuto l’effetto devastante di aumentare

esponenzialmente l’utilizzo dei peggiori luoghi comuni

possibili, quelli che Flaubert definiva “la causa universale

delle malattie” . I luoghi comuni classici sono

tendenzialmente meteorologici : “ che calda questa estate” o

“signora mia, non è più la primavera di una volta”, “non ci

sono più le mezze stagioni”  o legati alle nostalgie d’antan

come  “finiti i bei tempi”, “mala tempora currunt”, “ dove

siamo arrivati” o “dove andremo a finire”. Possono anche

spaziare nell’antropologia spiccia: “ Le brune sono più calde

delle bionde!” , nel razzismo:  “Attento all’uomo nero” , “I neri

hanno il ritmo nel sangue” , del razzismo al contrario   “In

Italia siete tutti razzisti”, “I neri sono più dotati dei bianchi”,

nel sessismo : “ Le donne non sanno guidare” , “La donna

bella ha il cervello di un’oca” , nella superstizione:  “ Anno

bisesto, anno funesto” , “L’anno peggiore di sempre” , in

campo lavorativo: “ Fare il medico non è un lavoro, è una

missione”, “ L’avvocato è un avvoltoio”, “I commercianti sono

tutti evasori”.Giovani contro vecchi: “I vecchi sono egoisti”, “I

vecchi sono lamentosi” ,” I vecchi ostacolano i giovani”, o

vecchi contro giovani : “ I giovani sono tutti drogati”, “ I

giovani non hanno voglia di lavorare” , “Ai miei tempi sì che

si studiava”. C’è il filone delle caste: “La casta dei politici”,

“La casta dei giornalisti”, “La casta dei magistrati”. Insomma,

potrei andare avanti per ore, c’è gente che vive utilizzando

solo luoghi comuni e quindi sguazzando felicemente nel

vacuo, nell’insignificante, nell’inconsistente.


Il Covid-19 , la più insignificante delle nanoparticelle possibili,

è stato capace di accelerare -oltre che i trapassi- la diffusione

dell’imbecillaggine e del terrore che l’imbecillaggine produce,

invariabilmente. La paura della morte che non ci lascia più

vivere, la necrofobia acuta ,una patologia assurda e

pericolosa che determina quelle scenette grottesche al mare,

per esempio, quando si vedono bagnanti che nuotano con le

mascherine chirurgiche o gente che fa la spesa travestita da

palombaro. I più incredibili sono coloro che mantengono le

mascherine in macchina, da soli, con i finestrini chiusi o

persino in casa, magari dormendo. Esistono. E votano,

purtroppo.

Chi ha pagato il prezzo più caro sono stati i teatri e le sale da

concerto, condannati ai cosiddetti “protocolli sanitari” , vale a

dire distanziamento, divieto di assembramento (che molti

chiamano “assembLamento” forse in omaggio al paese

d’origine del virus) e mascherine.

Siamo in estate , il virus in Italia è praticamente scomparso,

in terapia intensiva giace solo chi è destinato a essere

ospitato presto e comunque nella Valle di Giosafat, eppure

anche all’aperto vi sono i limiti più estremi e, permettetemi,

ridicoli , se si considera che sugli aerei, nelle spiagge, in

treno, nei bar e nelle piazze, si sta allegramente pigiati, stretti

stretti alla faccia dei protocolli .


Assistiamo dunque al capolavoro del grottesco: gli storici

teatri all’aperto, vanto e gloria del reparto e dell’indotto

turistico italiano (oggi annientato) , contingentati e ridotti a

ritrovo di zombies, appuntamento serale per pochi revenants

non sia mai  accostati , ma distanziati  e contenti. Le

immagini dell’Arena di Verona  sconcertano. La collocazione

al centro del palcoscenico e la conseguente riapertura della

“curva Sud” , tradizionalmente destinata alle imponenti

scenografie ora eliminate, avrebbe dovuto -come minimo-

garantire la possibilità di un pubblico, sparuto ma distribuito

in maniera circolare, com’era ai tempi degli antichi romani. E

invece? Nulla di tutto ciò. Il palco è semplicemente spostato

più avanti con il pubblico, scarso, piazzato come sempre.

Questa sarebbe la grande novità ? Triste a vedersi. Non era

la Regione Veneto quella che assicurava la possibilità di

ospitare almeno 6 o 7mila spettatori, in un’Arena che al

completo ne potrebbe contenere  più di 30.000 , persino

distanziati a un metro l’uno dall’altro? E che ci voleva , con

un sistema di schermi collocati nei punti giusti, restituire la

circolarità , l’abbraccio del pubblico attorno al palco, magari

girevole? In occasione del concerto che festeggiava i 50 anni

di Baglioni nel 2018, l’Arena venne utilizzata in questo modo

e con un effetto che può essere verificato dalle immagini: non

c’è confronto con la tristezza infinita proposta dall’attualità.

Non dico che fosse possibile stipare la folla immane di

Baglioni, ma per lo meno un quarto di quella folla di

persone sì, si sarebbe potuto e si sarebbe dovuto. Ah,

dimenticavo: si vive nella nuova era , “la nuova normalità”

che ci viene imposta come nuovo luogo comune : la

saggezza di milioni di babbei  espressa dagli epigrammi di

un cretino.


Baglioni_Verona4       arena_vuota

Baglioni ,Verona 2018                                         Verona, 2020