PESARO FESTEGGIA I 25 ANNI CON FLOREZ
Domenica 22 Agosto 2021 20:16

 

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Pesaro 2021 . Juan Diego Florez , il più grande tenore belcantista dei nostri tempi, festeggia i 25 anni dal debutto a Pesaro e lo fa da par suo, esibendo la consueta forma vocale che è il felice connubio tra tecnica e stile.

Il programma è, ça va sans dire, interamente rossiniano e circondato da alcuni ottimi colleghi Florez va a coronare un quarto di secolo all’insegna della grandezza .

Quello che poteva e secondo me doveva essere un assoluto trionfo è in assai inficiato dalla parte protocollare , con le mascherine che appaiono e scompaiono a seconda dei casi, tristissimo orpello di questo 2021 che ci affretteremo a dimenticare il più presto possibile. Un piccolo inciso per non essere frainteso: chi scrive fa uso delle mascherine sanitarie da oltre 20 anni, utilizzate per viaggi in aereo e in treno o per non diffondere raffreddori e influenze varie, quindi non sono contrario, anzi . Quello che a mio avviso è insopportabile è la confusione italiana (degna di un finale primo di Italiana in Algeri) , per cui a tutt’oggi non si sa nulla di certo sulle cure, sui vaccini, sul virus stesso ma si assiste quotidianamente a una oscena passerella di scienziati televisivi e dibattiti che dicono tutto e il contrario di tutto. Vorrei che questo concetto fosse chiaro, molto chiaro, perché la baruffa tra no- e pro- genera grottesche sceneggiate da una parte e dall’altra, oltre a non risolvere nulla sotto il profilo sanitario.

Ciò detto il plauso va tutto a Juan Diego Florez che ha eseguito da par suo la seconda aria di Idreno dalla Semiramide, con do diesis che erano folgori oltre alla fitta coloratura, e alcuni duetti e concertati dal suo repertorio d’elezione: Comte Ory, Matilde di Shabran, Viaggio a Reims. Per i suoi 25 anni a Pesaro avremmo desiderato un paio di arie in più …ma non si può avere tutto.

Al suo fianco hanno brillato soprattutto Giorgio Caoduro, magnifico baritono di agilità nella difficile aria tratta dalla Gazzetta, e Pietro Spagnoli, perfetto nell’aria di Don Profondo dal Viaggio a Reims. Entrambi superlativi.

Modesto il contributo del tenore Sergey Romanovsky che pur superando gli scogli della tessitura grave è naufragato nell’aria di Pirro dall’Ermione, steccando quasi tutti gli acuti. Peccato.

Modesta anche la vocina esile di Marina Monzò che in tutti i suoi interventi ha svolto un compito molto scolastico e in alcuni casi insufficiente. Brava la Pluda nei suoi precisi interventi e gli altri solisti di contorno.

Orchestra e Coro guidati da un giovane preciso , Michele Spotti, laddove però non basta solo la precisione ma occorre una verve più partecipe e soprattutto la scelta e il dosaggio dei colori nell’orchestra : la Sinfonia di Semiramide non può essere come quella dell’Italiana, allegra e cinguettante , ci vuole una differenziazione netta tra un’opera buffa e un’opera seria, altrimenti -come si dice a Roma: “è un cavolo e tutt’uno”.

Pubblico gelido all’inizio, come purtroppo spesso succede (ci si va a divertire con la paura addosso dei vari TG MORTE) ma poi via via più caloroso, grazie all’esecuzione di alcuni brani trascinanti. Chiusura un pò scontata, senza bis, con il Guglielmo Tell, fine delle trasmissioni.