PAGLIACCI\CAVALLERIA alla Scala: fischi e sorrisi.
Mercoledì 19 Gennaio 2011 00:08

PAGLIACCI  &  CAVALLERIA  ALLA SCALA

 

  ...........cronaca  d'un fiasco.

 

 

 

 

 

                                               scala_teatro La  Scala 

 

 

               loggione Il loggione  ha  detto  NO

 

              harding  Daniel Harding

 

              scala5 Oksana  Dyka (Nedda)

 

            scala2  M.Martone

 


I fischi piacciono : il regista Martone sorrideva soddisfatto sotto le bordate dissenzienti che piovevano giù dal Loggione, i cantanti ridacchiavano e facevano “ciao, ciao” con la manina , Harding era felice come una Pasqua , il telecronista di Rai5 sorridendo spiegava che alla Scala sono stati fischiati tutti ma proprio tutti e Pierluigi Panza del Corriere della Sera parlava addirittura di “Martone PREMIATO dal pubblico”, un drastico rovesciamento della realtà. Ma sì: facciamoci una bella risata sopra a questi fischi. Del resto, assistendo alle due opere proposte dalla Scala, “il più importante teatro d'Opera italiano” c'era assai poco da ridere: luci cimiteriali, scene modestissime, costumi orrendi quasi vicini allo straccio, una regìa che definire “fessa” vuol dire già lodarla, un direttore d'orchestra che anagraficamente sarebbe giovane ma dirige come avesse 97 anni, un cast vocale  lacunoso (a essere gentili). Ma procediamo con ordine.

 


Lo scandalo della serata se lo dividono a pari demerito il regista Mario Martone e il direttore d'orchestra Harding.

La regìa prende la prima enorme cantonata sul personaggio di Nedda, interpretata da una buona vocalista, Oksana Dyka, dotata da tipica russa di una tecnica solida e sicura, ma completamente gelida e priva di ogni benché minima sensualità. Martone la trasforma in una virago, perennemente incavolata (persino con gli augelli della sua Ballatella) , un misto tra una camionista e una lottatrice di sumo. Addio Nedda, quindi, addio dolcezza e voglia di vivere, addio sex-appeal. Nedda dovrebbe essere una sorta di bersagliera stile Lollobrigida (“Pane, amore e fantasia”) : è una ragazza, brillante, innamorata, determinata .

A una simile Nedda si contrappone un gorilla, un energumeno ma con voce ormai “parlante” e non più “cantante” :José Cura. La prestazione del tenore argentino, causa il continuo ingolfamento dei suoni in cavità non stabilite per il Canto, è stata imbarazzante, tra l'ululato e il rantolo: il personaggio, causa la regìa, inesistente. A un certo punto, dopo il “com'è ver che qui vi parlo!” , Cura minaccia con il coltello a serramanico addirittura uno spettatore nel palco di proscenio, dopodiché gli stringe la mano come a dirgli “Scusami, stavo scherzando!”. I Pagliacci diventano così un'opera comica, ma sì....ecco perché i protagonisti ridono alla fine, tra i fischi.

                       scala4 J.Cura


 

 

 

 

 

Le scene di Pagliacci sono platealmente ricalcate dalla regìa di Zeffirelli a Roma, una ventina d'anni fa: la sopraelevata, le mignotte...ops....le escort, TUTTO. Che fai, Martone? Copi?

Ambrogio Maestri ha giocato le sue carte con il vocione e non ha fatto grandi danni, salvo il fatto di risultare estremamente monotono nel Prologo e molto pesante e rozzo nella scena della Commedia, “Quel labbro piiiiio!” è risultato un orrendo cachinno.

Meglio di tutti Celso Albelo come Beppe, un raggio di sole nelle tenebre ma anche lui massacrato dalla insipiente regìa: l'aria veniva cantata in scena, vestito da Rascel quando imitava Napoleone, mezzo infilato in una botola. Orribile.

Silvio cantava ma stonava anche, parecchio, troppo.

Della direzione di Harding si è detto: moscia, insipida, a tratti insensata, imprecisa in moltissimi punti (che brutto gesto, maestro Harding: quel molinare di braccia che sporca gli attacchi e non garantisce mai una tenuta ritmica drammatica, brillante). Mi pare un solenne bluff. Ricordo una sua brutta Traviata, un modestissimo Don Giovanni...cominciano a essere un po' troppe le delusioni.

 Passata la bufera di Pagliacci, ecco arrivare Cavalleria....e son dolori anche qui.

La grande idea è quella di svuotare tutto , piazzare una scena di bordello all'inizio dell'opera....ma dove? A Vizzini? Ma di bordelli è costellata la regìa d'Opera da 30 anni a questa parte, in ogni dove: BASTA. Basta bordelli! Ne abbiamo visti fino alla nausea.

Il Coro è schierato, seduto, immobile....pare una foto di gruppo per l'horror movie “The Others” ...brrr...che paura. E che trovata geniale!

Vocalmente sia Licitra che la D'Intino se la cavano più che decorosamente, peccato solo che nel Brindisi e nell'aria il tenore abbia serie difficoltà a tenere l'intonazione e a superare le frasi cardine “ Per me pregate Iddio.....un bacio, un bacio mamma”...

Il baritono Sgura usa troppa gola e tende a calare nell'aria d'entrata: la regìa lo penalizza non poco, creando una sorta di “pennellone” senza arte né parte, piazzato sul palco come un lampione.

Orrenda la scena della Messa “a vista” durante il duettone tra Santuzza e Turiddu, col Coro girato di spalle....di una bruttezza unica.

La migliore in campo: Elena Zilio, una mamma Lucia di grande levatura. Bene anche Giuseppina Piunti, bella e brava come Lola.

L'Intermezzo è passato senza un minimo di abbandono , una stalattite appesa in una vuota caverna: non un solo applauso. E' la prima volta che ascolto e vedo un Intermezzo non applaudito. Bella roba, complimenti Maestro Harding!

Ma tanto loro ridono e fanno “ciao, ciao” con la manina.

Io ho la netta sensazione che sia l'Opera a fare “ciao, ciao” a loro.