Scompare con Taddei uno dei più grandi artisti della storia dell'Opera. l'ultimo erede di una tradizione gloriosa e d'un modo di VIVERE il teatro di cui non si ha oggi piu traccia.
Ho avuto l'onore di condividere con Giuseppe Taddei tante ore straordinarie, tanti momenti indimenticabili, un'infinità di episodi , battute, situazioni che rendono una vita degna di essere vissuta.
Taddei è stato un artista straordinario, sotto moltissimi aspetti. La voce unica e preziosa per il timbro scuro e vellutato, di magnifico smalto, ampia e cordiale, unita idealmente a un'anima e a un cuore che non vedono molti termini di paragone possibili, sicuramente senza eguali tra i diecimila artisti che ho conosciuto.
Buono e generoso, affettuoso come persona e straordinario battutista, dalla memoria prodigiosa , con la caratteristica tutta sua di parlare al singolare di colleghi scomparsi da molto tempo: “Beniamino (Gigli) canta con quella mezzavoce così suadente...” , “La Callas non è una tigre come dicono, è molto simpatica e alla mano”, un modo così cordiale da far rivivere la memoria di questi 'immortali' e capace di emozionare ogni volta. L'Opera per Giuseppe Taddei è stato un modus vivendi, quasi fuori dalla realtà: ha cantato sempre, da quando è nato a quando è scomparso . Il baritono dei grandi numeri: quasi 70 anni di carriera, dal debutto come Araldo nel “Lohengrin” all'Opera di Roma nel 1936 fino al suo ultimo Dulcamara a Tokyo, passata la soglia del 2000.
Ho avuto il privilegio immenso di poter organizzare con lui e per lui alcune storiche performances alla Rai e in altri siti: “Falstaff”, “Tosca”, “Gianni Schicchi” , le SUE opere. A 80 e passa anni suonati Taddei era capace di strabiliare, per la potenza del suono, la qualità vocale, la quantità incredibile di 'colori' , la verve scenica, il fraseggio,la dizione scandita, la potenza creativa dei suoi personaggi.
Il teatro del suo cuore era la Staatsoper di Vienna. Sfuggito alla morte nei campi di concentramento nazisti (grazie al suo canto: un colonnello tedesco melomane gli aveva salvato la vita in cambio di varie cavatine di Figaro e altre arie a piacimento), Taddei era stato accolto dall'Austria come un beniamino, grazie all'entusiasmo di Herbert Von Karajan che lo aveva ascoltato casualmente come Figaro nelle “Nozze” mozartiane. Con Vienna e con Karajan nacque una fantastica amicizia, che produsse almeno tre cofanetti storici: “Pagliacci”, “Tosca”, “Falstaff”. Proviamo a riascoltare la forza tellurica del Te Deum con Karajan, il Prologo così vero e umano (l'attacco “Un nido di memorie” ineguagliato) , il monologo del Taverniere nel “Falstaff” (Taddei mi raccontava che Karajan smetteva di dirigere e si limitava ad ascoltare, con gli occhi lucidi).
Taddei sapeva divertire e far commuovere, ti inchiodava alla sedia in Tabarro, in Rigoletto, nel Macbeth, in Traviata, nello stesso Falstaff, che non era mai volgare ma grandioso nella sua totale umanità.
Ha cantato con tutti i più grandi cantanti d'Opera del secolo: da Gigli a Schipa, Lauri Volpi, Pertile, la Callas, la Tebaldi, la Carteri, arrivando a Corelli, Bergonzi, Tucker, Bjoerling,Pavarotti, Domingo, Carreras, Freni,Dimitrova, Scotto, Devìa , Anderson. Esiste da poco un bellissimo libro scritto da Peter Launek, marito della figlia Marina, in cui il ritratto artistico e umano di Taddei esce a tutto tondo e con eccezionali documenti su una vita e una carriera senza eguali.
Una volta, a casa del maestro Marco Boemi (presso il quale Taddei amava ripassare, studiare e dare gratuitamente lezione a tanti , tanti allievi) prima di andar via, già indossato cappotto e berretto, si girò e disse: “Mi è venuta voglia di cantare Nulla, silenzio dal Tabarro....” . Taddei, ottantenne e passa, attaccò l'aria di Michele e già dopo le prime battute ERA il personaggio. Sedeva davanti a me, potevo vedere i suoi occhi iniettati di sangue, la sua maschera di dolore...”Sei tu! Tu!” , boati emozionanti e terrificanti, fino a un sol acuto che credo stìa ancora girando in quella stanza. Tutti noi eravamo pietrificati, qualcuno piangeva dall'emozione. Passarono alcuni interminabili secondi, poi Taddei stesso per rompere la tensione disse bonariamente:”Però....il sol c'è ancora!” .
Un repertorio smisurato, oltre 200 ruoli diversi (credo 240 ) , quasi 10.000 recite, un numero pauroso di concerti eseguiti ovunque, in tutto il mondo.
Ricordava con particolare gioia lo Chénier con De Sabata alla Scala, la Traviata con la Callas a Mexico City e quell'Aida in cui la grande Maria lanciò il mi bemolle nel II atto. Amava molto il ruolo di Don Giovanni, che aveva inciso ma mai cantato in teatro per via del suo fisico, tozzo e tarchiato, poco adatto al ruolo del grande seduttore. Mozart fu un vessillo per la sua vocalità morbida e la sua musicalità perfetta: Guglielmo con Boehm, Leporello con Giulini, Papageno con Karajan....il più grande Papageno mai esistito.
E poi Verdi, Puccini, Donizetti (Dulcamara in quasi 1000 recite ma anche Don Pasquale , Malatesta, Enrico in “Lucia” , un Belisario commovente a Venezia con la Gencer, Re Alfonso in Favorita) . Non vorrei tralasciare il Guglielmo Tell, eseguito in svariate occasioni, parte perfetta sia come scrittura vocale si a per la forza dirompente del personaggio.
“Taddei era un artista che non annoiava mai” scrisse Celletti, ma quando Taddei seppe che Celletti aveva scritto e parlato male dei suoi “amici” (Di Stefano, Callas, Gobbi, Bastianini, ec.) disse: “Mi vergogno che abbia parlato bene di me!”.Non l'ho mai sentito parlar male di nessuno. Del suo rivale Bechi diceva “E' sardonico” ma non una parola in più per denigrarlo , mai! E lo stesso di Gobbi, di Panerai, di Bastianini (che adorava) , di tutti i colleghi di ieri e di oggi.
Con i giovani allievi aveva gli atteggiamenti che si addicono a un padre o a un nonno affettuoso: una parola buona per tutti, dava la carica e la voglia di andare avanti a chiunque manifestasse un sincero amore per questa Arte che di amore si nutre.
Con Taddei scompare un vero pilastro, un Grande . E l'Opera, questa vecchia signora piena di rughe e di acciacchi, è oggi molto più sola.
Maria Dragoni è uno dei maggiori soprani drammatici di agilità italiani. Ha cantato sotto la bacchetta di Carlo Maria Giulini, Riccardo Muti, Zubin Mehtain tutti i più grandi teatri del mondo, le sue opere favorite sono Norma, Turandot, Aida, Tosca, Cavalleria rusticana, Pirata, Sonnambula.
"Un attore gira un film,poi si riposa mesi,talvolta anni.Mostra tutto un pittore e un musicista di musica leggera,invece nella lirica esiste una routine scandalosa che si è incrementata maggiormente con la velocità degli spostamenti e talvolta,vedi cantanti che come Padre Pio hanno il dono dell'ubiquità, i teatri di tutto il mondo sono pieni di cantanti e di spettacoli che fanno solo routine,per la Cavani era assurdo che nella lirica esistesse un doppio,lei stava lavorando da mesi con me,come lo avrebbe fatto con un attore,poi dopo mesi di lavoro,si presentò una cantante americana senza nessuna giustificazione,cambiò completamente la regia,alla prima fu sonoramente contestata e stroncata da molta critica,quando cantai finalmente io che ero stata annunciata da mesi su settimanali come Annabella,Marie Claire,ecc.ebbi un trionfo di critica e di pubblico,la Vestale è la sorella di Norma diceva Bellini,però?Poi l'opera è stata consegnata al cd Emi,con la cantante fischiata, tanto è facile abolire le contestazioni,piu' che di una campagna denigratoria,sono stata spesso vittima di ingiustizie di questo tipo,potrei dire tantissime cose ed episodi incresciosi dove con contratti alla mano,e pubblicità,ho dovuto astenermi persino dal ricorrere alla giustizia;dunque non mi meraviglio che la lirica stia morendo,esiste troppa ipocrisia e tanto qualunquismo,si sveglia pinco pallino e canta un'opera del grande repertorio,a caldo dei primi 10 anni dalla morte della grande Maria Callas,guai se un soprano osava cantare Norma,veniva contestata e dovevo correre io a sostituirla,ecco perché oltre alle Norme che avevo in contratto sono arrivata a cantarne oltre le 120 recite,oggi ogni gatto che miagola cantala Norma ed il resto.Se le cose fossero gestite con serietà dovrebbero fare meno spettacoli e di qualità con i cantanti idonei ai repertori consoni,idem per i direttori e per i registi. La qualità,la qualità e la qualità e non la quantità."
"Si conferma che per Michele essere perseguitato si è rivelato un ottimo investimento". Il velenoso commento di Bruno Vespa all'accordo consensuale tra Michele Santoro e la Rai per la fine del raporto di lavoro dipendente precede di poche ore la pioggia inarrestabile di reazioni: fanno discutere le cifre dell'intesa approvate dal Cda Rai.
Il Consiglio di amministrazione dell'azienda ha approvato con 7 voti favorevoli e 2 contrari l'accordo per la cessazione del rapporto di lavoro in atto con Michele Santoro, che secondo alcune indiscrezioni comporta il riconoscimento di una buona uscita da 2,5 - 2,7 milioni di euro. Santoro tuttavia ha anche ottenuto l'impegno dell'Azienda ad acquistare - con ogni probabilità da una società di produzione nata ad hoc - una serie di docu-fiction da cinque puntate ognuna che verranno inserite nel palinsesto autunno 2010-primavera 2011, in prima sertaa, su RaiDue. Ogni puntata verrà pagata da Rai un milione di euro ciascuna. Altre due puntate finirebbero su RaiTre, in prima serata. Da qui le cifre che azzardano oggi alcuni giornali: l'addio di Santoro è un'operazione da 10 milioni di euro.
Michele Sant'Euro
Non ricordo più chi scrisse che "i buoni moralisti sono coloro che si occupano della morale altrui". Non che vi sia nulla di male, intendiamoci, se un professionista del calibro di Michele Santoro prenda una cospicua buonuscita da Anno Zero per proiettarsi verso nuovi lidi progettuali, ma che lo stesso sia stato elevato a baluardo d'una presunta morale suprema contro l'immoralità altrui....beh....questo è davvero un aspetto grottesco di tutta la vicenda.
Il fido collaboratore Travaglio si dichiara "molto deluso" dalla notizia. Anche qui c'è da stupirsi: ma come? Non è Travaglio il Principe dell'Anteprima? Colui che grazie a una fitta rete di collaboratori, sparsi in ogni Procura in ogni angolo di tribunale, sa prima di tutti e meglio di tutti CHI fa COSA in Italia? Come può, proprio lui, cadere dalle nuvole?
Sono stato un attento osservatore dei programmi di Santoro, anche perché lo schieramento in studio, con il conductor al centro e i "professori" d'orchestra intorno rievocava singolarmente le famose riprese di Karajan con i Berliner Philharmoniker: Santoro dimenava le braccia e indicava le entrate, a volte con lo stesso fiero cipiglio del celebre maestro.
La sinfonia poteva sembrare sempre la stessa: più che una Quinta di Beethoven direi una Patetica contro Berlusconi, in cui i ritornelli si sono ripetuti puntata dopo puntata, sempre uguali, inesorabili ,battuta dopo battuta. Dopo un Preludio, che annunciava il Leitmotiv ( il conflitto di interessi, le leggi ad personam, le Escort, Papi e Noemi, Bertolaso e i terremoti) squillavano i primi ottoni, fervonici:il corno di Di Pietro, la tromba di Travaglio, il basso tuba del fido Ruotolo, sbattuto ogni volta nei luoghi più incredibili, al freddo e al gelo ma sempre con il microfono in mano, un vero Cambronne .
Santoro-Karajan procedeva impetuoso tra allegri con fuoco e improvvisi squarci lirici, andantini cantabili e persino adagi maestosi, non appena l'oboe dell'avvocato Ghedini iniziava a minacciare querele.
Inevitabile la chiusa comica, come avviene nel poema sinfonico "Till Eulenspiegel" di Strauss, affidata a Vauro, il prode (o Prodi?) vignettista satirico , specializzatosi anche lui in allegretti monotematici: Berlusconi, Rutelli tra le lenzuola, nostalgìe bolsceviche.
Et voilà! Un ultimo accordo e la musica termina tra gli applausi. Il pingue cachet gratificherà il "maestro" e aprirà nuovi orizzonti.
"Se sapessero quanto mi sono divertito a suonare stasera, non dovrebbero darmi un solo dollaro per il mio concerto!" , così sussurrava sornione Rubinstein al suo segretario, dopo aver intascato il lauto onorario e se ne andava ridacchiando verso il camerino.
Tutino (a destra) con il suo principale mentore, Sergio Cofferati.
" Ahi TUTIN, di quanto mal fu matre...." si potrebbe dire parafrasando il XIX Canto dell'Inferno di Dante.
Balzato agli onori della cronaca per l'occupazione del Teatro Comunale di Bologna, il sovrintendente Tutino è nell'occhio del ciclone. Nelle sue interviste si proclama innocente e capro espiatorio ma per la maggior parte degli addetti ai lavori è proprio lui a rappresentare un compendio abbastanza completo delle magagne, degli impicci e degli imbrogli che stanno dietro la poltrona di un sovrintendente.
Un nostro solerte e prezioso collaboratore, mosso da un vecchio e saggio proverbio siciliano, “cu mancia fa muddichi” (chi mangia lascia le briciole), ha voluto “curiosare” sull’attività dirigenziale di Tutino. Ne sono uscite delle belle....ve le proponiamo.
Nel sito ufficiale del Nostro si legge che dal 1990 Marco Tutino inizia a ricoprire incarichi di responsabilità organizzativa e artistica nei Teatri Lirici italiani; dal ‘90 al ‘93 è consulente musicale del Teatro valli di Reggio Emilia, e tra le altre cose mette in scena la sua opera, Lupa. Dal ‘98 al 2002 è a Verona come consulente musicale e come “compositore residente”. Finalmente arriviamo a Torino dove dal 2002 al 2006 ricopre l’incarico di Direttore Artistico. Nel 2004 (dunque sotto la direzione artistica Tutino) viene allestito a Torino Il Cappello di paglia con regia, scene e costumi di Pier Luigi Pizzi, che risulta inoltre essere tra i titolari della sartoria teatrale Tirelli dove verranno prodotti i nuovi costumi.Pizzi ovviamente ringrazia, mettendo in scena nel 2005, al teatro Lauro Rossi di Macerata, una nuova composizione di Tutino, Le bel indifferent. Rammento a chi non lo sapesse che Pizzi dal 2006 è anche Direttore Artistico dello “Sferisterio Opera Festival” da lui stesso ideato. E come sdebitarsi di una gentilezza simile? Semplice, altro contratto a Torino: Falstaff con regia, scene e costumi sempre affidati a Pizzi.
Nel frattempo Tutino si trasferisce a Bologna, e qui altro contratto consolidante a Pizzi, che prevede l’allestimento dello stesso Falstaff di Torino (regia, scene e costumi, occorre dirlo?)
Nel 2006, con Tutino ancora a Torino, vengono allestite due sue composizioni al Teatro Sociale di Rovigo, Dylan Dog e la Lupa (pagina 10 del file Rovigo teatro). Il direttore del teatro, Marcello Lippi (omonimo del CT azzurro) è anche Baritono. E infatti nell’anno successivo (2007) Marcello Lippi viene ingaggiato per il ruolo di Dulcamara nell’Elisir d’amore allestito a Torino. Sarà un caso?
Ma torniamo a Bologna. Pizzi dopo due allestimenti di Falstaff a lui affidati da Tutino, molto educatamente ricambia il favore, e quindi decide di mettere in scena un’altra nuova composizione sempre di Tutino e sempre a Macerata. Così nel luglio 2008 viene rappresentata la nuova opera di Tutino The Servant.
Tutino ormai in difficoltà per tanta ammirazione e gentilezza da parte di Pizzi, qualche mese dopo lo invita ancora a Bologna per l’inaugurazione della stagione 2008. Pizzi firmerà regia, scene e costumi, in un primo momento affidate a Ronconi, di Der Vampyr. Per quest’ultima opera è stato realizzato un nuovo allestimento,costosissimo, in condizioni di deficit conclamato. Le necessità di bilancio avrebbero dovuto suggerire altre soluzioni.
Vengono poi le regie affidate a Lorenzo Mariani, direttore artistico del Teatro Massimo di Palermo: una Bohème più volte riproposta nelle ultime stagioni, e il prossimo Edgar previsto per maggio/giugno. Mariani, molto educatamente, ricambia. Lo stesso Tutino tiene a informare l’opinione pubblica (corriere di Bologna 10/3/2010) che il prossimo anno una sua nuova opera, Senso, inaugurerà la stagione del teatro Massimo di Palermo… Infine il rapporto col direttore d’orchestra Nicola Luisotti, che ha già diretto in più occasioni coro e orchestra del Teatro Comunale, e da poco nominato direttore stabile al San Francisco Opera: ha diretto la Salome a Bologna inaugurando la stagione 2010 e, come da lui stesso dichiarato in una recente intervista americana “spera di poter commissionare una nuova opera al M° Tutino”.