SENZA ORECCHIO, NON SI CANTA!
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Lunedì 03 Agosto 2020 20:22
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                             Giuseppe Taddei

E' giusto essere molto chiari su questo punto. In ogni gola nasce il suono, ovviamente, ma il suono vocale non è cosa tangibile , non proviene dal percuotere un tasto o pizzicare una corda. Il suono vocale, proprio perché non tangibile, può essere "manipolato" quindi compiuto, bello o brutto che sia, solo dal nostro pensiero coordinato da una serie di "stratagemmi", chiamiamoli come vogliamo, messi in funzione tra loro. Una serie di "equilibri" , per essere più esatti, molti dei quali dettati da madre natura e altri determinati
da una tecnica. Più si diventa "naturali" nel Canto e meglio sarebbe. La cosiddetta "impostazione" alla lunga stufa e dà luogo a voci anche stupende ma tutte un pò uguali e tutte un pò artificiose. Non è un caso che i cantanti più amati e leggendari siano caratterizzati da voci non lontane dalla chiarezza del parlato, vedi Gigli, Di Stefano, Pavarotti, Carteri, Raimondi, Cappuccilli, Tebaldi, Schipa , Aragall, Carreras e potrei continuare a lungo.
I grandi cantanti emettono i loro suoni meravigliosi in virtù di uno studio lungo e continuo, che vuol dire continua ricerca e per raggiungere i loro risultati pongono in perfetto equilibrio una serie di fattori: fiato a sostegno del suono, posizione del suono medesimo e capacità di dare SENSO al fraseggio, la cosiddetta "interpretazione". SOPRA a tutti questi fattori regna sovrano l'ORECCHIO.Chi non ha buon orecchio non sarà mai un grande cantante, ma non perché stonerà, bensì perché non saprà creare quel magico, meraviglioso equilibrio che solo il proprio orecchio potrà governare. Per raggiungere la serenità del Canto, la morbidezza, la facilità (propria delle grandi voci) bisognerà quindi non allontanarsi dalla naturalezza, e la tecnica serve appunto a cantare con naturalezza (apparente e al tempo stesso reale). Si torna sempre allo stesso punto.
                   

                                          Giuseppe_Taddei

Il grande Taddei, il mio maestro, aveva studiato seriamente il Canto solo per pochi mesi, per di più rifiutandosi di fare i vocalizzi con la sua insegnante di Genova, la signora Lussi.Debuttò a 16 anni e continuò fino a 90 anni e passa con la voce intatta, cantando in oltre 240 ruoli diversi e totalizzando quasi 8000 recite. Mi diceva sempre che quel che contava era trovare sempre il senso delle parole e che fatto quello la tecnica veniva da sola.Raccomandava di cantare alto ,questo sì, e confessava di avere trovato facilità negli acuti dai 70 anni in su.Una volta a lezione eseguì il do di Salut demeure fortissimo e poi diminuito a zero,ho la registrazione e una volta la trasmisi anche in Rai:aveva quasi 80 anni. Ma per raggiungere quella naturalezza Taddei osservò i grandi colleghi tutta la vita. Il maestro Serafin lo convocò a casa sua quando aveva 20 anni e gli disse:"Oggi viene Gigli a ripassare il Lohengrin, osserva come canta". Taddei seguì tutto il ripasso in religioso silenzio ,poi per conto suo iniziò a imitare il famoso "Mercè mercè cigno gentil" di Gigli.Così imparò a usare quel suono alto, flautato, libero, tutto sul fiato e sulla parola.Potenza dell'orecchio! Torniamo sempre lì:bisogna avere un orecchio speciale e il senso del suono LIBERO dalle contrazioni della gola. Io non demonizzo la gola, le corde vocali sono in gola, non sono così sciocco.La gola va in un certo senso liberata dalle contrazioni, dalla tentazione di usarla per...?? Per rovinarsi. La gola va superata, diciamo pure va ignorata. Kraus mi diceva:"Io guardo la mia voce, al di fuori di me".Usare gli occhi, piuttosto che la contrazione della gola. Tutto qui. Facile vero? Una parola.
 
A TU PER TU con FRED PLOTKIN, IDAGIO (USA)
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Lunedì 03 Agosto 2020 10:46

                  fred_plotkin1 

             Fred Plotkin         


Qui di seguito parte della lunga intervista con Fred Plotkin,

famoso commentatore statunitense appassionato dell'Arte

italiana e profondo conoscitore d'Opera.È stata una

conversazione molto piacevole,profonda,divertente in cui

abbiamo toccato temi a noi cari: l'Opera, la Musica,la regìa il

Canto ma anche la cucina, il cinema, arrivando a Franca

Valeri,Totò, Sordi,Aldo Fabrizi, Tina Pica.Insomma,non la

finivamo più.

 

LO STILE ITALIANO nell'Opera

 

Si può parlare effettivamente di stile italiano, anche se col

passare del tempo questo modo di cantare e di interpretare è

passato dall’Italia ad altri paesi, come per esempio gli Stati

Uniti. Un pò come è successo con altri grandi prodotti di

esportazione, meno nobili, che so la pizza, la cucina

mediterranea.

 Io parlerei di stile e di SCUOLA italiana, la grande scuola

italiana del Belcanto.

 Belcanto vuol dire cantar bene ma soprattutto rispettare

alcune precise regole, tecniche e stilistiche.

 Il Belcanto pretende un uso corretto della voce su almeno

due ottave di estensione, con il medium della voce si canta e

sugli acuti si risolve, questo dicevano i vecchi maestri.

Cotogni per esempio, che cantò con Verdi e fu il maestro di

Giacomo Lauri Volpi, uno dei più grandi tenori esistiti. Anche

perché fu uno dei pochissimi tenori che usavano il cervello

oltre che la voce.

 

Belcanto vuol dire anche saper legare le frasi, saper cantare

piano e pianissimo a tutte le altezze, saper usare i COLORI

nella voce.MOlti cantanti hanno voci bellissime ma urlano,

cantano tutte forte o fortissimo, colpa anche di molti direttori

d’orchestra che portano le loro esecuzioni verso sonorità

inaccettabili. Un tempo i teatri avevano l’orchestra spostata

in avanti, verso il centro della sala, perché il palcoscenico

non era retroposizionato come oggi. In tal modo si cantava

senza spingere, in maniera morbida ed educata. Ecco il

Belcanto.

 

Alla base del corretto stile italiano vi è poi la libera fantasia

dell’interprete, quello intelligente e guidato da maestri

esperti, che suggeriscano le varianti autorizzate dagli Autori.

Vi sono segni precisi , come i punti di corona sulle pause

orchestrali , questi segni autorizzano gli acuti o le variazioni.

Le partiture di Bellini, Donizetti, Verdi  sono piene di queste

indicazioni. Purtroppo vi sono maestri o intransigenti o

direttamente ignoranti. Uno dei più grandi fu Toscanini, che

per mettersi in mostra a discapito dei cantanti, iniziò a

proibire gli acuti non scritti ma di autentica tradizione

belcantistica. Un altro è Muti, che detesta gli acuti ma ignora

le regole base del Belcanto e talvolta propone esecuzioni

soffocanti, gabbie rigide che impediscono persino il respiro ai

cantanti. Quella libertà che fa parte del Teatro.

 Io li chiamo i Dittatori del Podio.

 In molti paesi, come dicevo prima, il Belcanto è arrivato nella

sua vecchia, antica accezione: Stati Uniti, Inghilterra, i paesi

asiatici in tempi più recenti. Grazie a grandi maestri

conoscitori della materia: Tullio Serafin,Richard Bonynge, 

Julius Rudel, Mario Rossi, Angelo Questa,Ino Savini,

Anton Guadagno, Giuseppe Patané, Nello Santi, oggi Daniel

Oren, che è il massimo conoscitore di voci e che ama le voci.

Perché i maestri non devono amare solo sé stessi, devono

amare le voci, così potranno seguirle, accompagnarle e

concertare l’Opera nel vero senso della parola.


           io_taormnina

 

Il mio rapporto con l'Opera

 

Io ho sempre amato l’Opera. L’Opera è una malattia

inguaribile ma è anche un modus vivendi. Noi italiani siamo

operistici in ogni nostra manifestazione, siamo

melodrammatici. Quante Santuzze, quanti Mario

Cavaradossi, quanti Canto o Turiddu vi sono tra gli italiani .

Basta guardare il nostro Parlamento, i nostri politici: sono

protagonisti di opere ora buffe ora drammatiche, dipende.

Ma l’Opera per amarla va conosciuta.

 L’ignoranza è immorale, come diceva il grande filosofo

Spinoza.

 C’è molta ignoranza nel mondo operistico attuale, questo

sì.Come c’è molta ignoranza nel mondo.

Io ho avuto la fortuna di avere grandi maestri, ho studiato il

Canto con Giuseppe Taddei, uno dei più grandi baritoni mai

esistiti.

 Ho avuto anche la fortuna di inventare un programma

speciale, La Barcaccia, che va in onda ogni giorno su Radio3

alle ore 13 dal 1988 a oggi, oltre 6000 puntate. Grazie a

questa trasmissione ho conosciuto centinaia di artisti

importantissimi, da Pavarotti a Nicolai Gedda, Birgit

Nilsson,Victoria De Los Angeles, Renata Tebaldi, Renata

Scotto, e ancora Italo Tajo, Nicolai Ghiaurov,Mirella Freni,

ma la lista è infinita e include registi, direttori d’orchestra,

personalità del nostro mondo.

Non sono mai stato una persona pigra ma sempre molto

curioso. Ho cantato in tante occasioni ma senza aver mai

nessuna ambizione di carriera, l’ho fatto per la mia crescita e

per la mia esperienza personale . Mi sono dedicato con

grande passione all’attività di regista lirico e qui ho avuto e

sto avendo  molte soddisfazioni. Posso dire, in tutta

modestia, di aver raggiunto ottimi risultati nell’utilizzo della

"tecnologia sulla tradizione". Mi spiego. Non sono un regista

che ama le provocazioni stupide, le idiozie. Amo invece

rispettare il testo e spesso l’ambientazione originale ma

inserendo un forte discorso tecnologico, con l’uso delle

proiezioni dinamiche, delle luci, anche in modo

spregiudicato. Oggi viviamo in una società visiva.La gente

vive davanti agli schermi, o del telefonino o della Tv. Io amo

l’Opera raccontata dalla luce e dalla proiezione, avvolta nei

colori e nelle suggestioni fantasy suggerite dalla tecnologia

più avanzata.


       AIDA_batumi_foto_bella1

Aida a Batumi, Georgia 2019, regìa Enrico Stinchelli

 Attila_Cagliari_17    Attila , Cagliari 2019, regìa di Enrico Stinchelli

 Don_Giovanni_finale    Don Giovanni, Verona 2019, regia di Enrico Stinchelli.

 trovatore_2     Trovatore, Teatro Astra, Gozo (Malta) , 2018

Mefistofele_6_Pazzia_di_Margherita

Mefistofele, Pisa 2016, regia di Enrico Stinchelli


turandot_

Turandot in dvd, Torre del lago, 2016, regia di Enrico Stinchelli



Scelta musicale n.1: Giuseppe Taddei, baritono, Falstaff


          Giuseppe_Taddei2

 

Taddei era l’Opera egli stesso: il senso del teatro, la vocalità

ricca e pastosa, il repertorio immenso, oltre 250 ruoli diversi,

un fenomeno. Debuttò a 14 anni e smise di cantare il giorno

della sua morte, a 94. Ancora la mattina del giorno in cui

morì, cantava mentre si faceva la barba, con la voce intatta.

Un fenomeno unico. Falstaff fu il suo ruolo d'elezione.

 

Scelta musicale n.2 : EGMONT di Beethoven diretto da

Karajan


      Karajan

 

E’ un omaggio a Beethoven nell’anno del suo 250

anniversario dalla nascita. 1770 a Bonn.

Il finale dell’Egmont diretto da Karajan, per me il più grande

direttore d’orchestra mai esistito, è un compendio dei grandi

ideali di questo compositore.

Per capire Beethoven bisogna capire il pensiero di Kant

Dal filosofo, Beethoven trasse la concezione dell'esistenza,

nella coscienza individuale, di una legge morale, espressa

nella forma dell'imperativo categorico. Egli mise allora il

risultato della propria essenziale attività, la musica, al centro

della morale, inserendovi valori ideali, arricchendola di una

forza emotiva che esprimesse il movimento dei sentimenti e i

conflitti interiori. Dallo stesso autore dei Fondamenti

metafisici della scienza della natura annotò questo passo:

«Nell'anima, come nel mondo fisico, agiscono due forze,

egualmente grandi, ugualmente semplici, desunte da uno

stesso principio generale: la forza di attrazione e quella di

repulsione».Tutta l'opera di Beethoven è basata su questo.

 

 

Scelta musicale n.3: Maria Callas in Dinorah di

Meyerbeer.


        Maria-Callas

 

La Callas è stata per me la più grande cantante della Storia,

una rivoluzionaria. Seppe coniugare la profondità

dell’interprete, il carisma e la musicalità eccelsa, a una

tecnica belcantistica eccezionale. Quando parlai con Di

Stefano, il suo più grande partner,  mi disse che la Callas fu

uno straordinario soprano di coloratura,

Non un soprano drammatico. Io credo che Di Stefano abbia

ragione, infatti nei brani di autentico Belcanto la Callas fu

insuperabile. Seppe rendere espressive le agilità vocali, non

solo un semplice esercizio. In questo brano lo si capisce a

fondo e invito ad ascoltarlo con attenzione.

 

 

Scelta musicale n.4 : Giuseppe Di Stefano in Lucia di

Lammermoor


                              Di_Stefano_Callas

 

Se parliamo di Giuseppe Di Stefano non parliamo solo di un

Tenore, IL Tenore, ma di un poeta, come mi disse Pavarotti.

Di Stefano riuscì a trascendere la Tecnica, l'IMPOSTAZIONE

Classica del Canto per assurgere ai valori della poesia pura,

della naturalezza fatta Tecnica. Di Stefano, come la Callas,

fu un rivoluzionario.Portò il livello della VOCE ITALIANA da

Caruso e Gigli alla modernità, al futuro. Di Stefano è eterno,

non appartiene a una sola epoca ma a tutte.  Nella Lucia di

Donizetti, in questo struggente finale, abbiamo il dolore

dell'uomo che muore sognando di congiungersi alla sua

amata, riprodotto con una verità ,con una sincerità e con un

cuore che vanno al di là di ogni valutazione vocale. Un

capolavoro di Belcanto.

 

 Scelta musicale n.5 : finale di Mefistofele di Boito, con

Cesare Siepi e Mario Del Monaco.


         SIEPI_Mefistofele

 

Il Mefistofele è l'opera che amo moltissimo, forse più di tutte.

Boito fu un compositore molto colto e intelligente, profonde

conoscitore e studioso di materie esoteriche. Nella sua

opera più importante fece ben capire il dualismo tra Male e

Bene che alla fine si incontrano, poiché sono la stessa cosa.

Faust tradisce il patto che aveva sottoscritto con Mefistofele,

dopo aver approfittato dei suoi servigi. Il pubblico lo intuisce,

perchè Boito dà al Diavolo un carattere eroico, quasi

addirittura positivo. Siepi è fenomenale in questa

registrazione, sia come voce che come interprete.

 
SIGNORI, IN CARROZZA! A COLLOQUIO con DAVIDE LIVERMORE
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Martedì 28 Luglio 2020 22:23


                                  Livermore3

                                   Davide Livermore, Direttore del TEATRO STABILE DI GENOVA



Quando il gioco si fa duro, i duri scendono in campo. Mentre

il governo vara la proroga al 15 ottobre dello stato di

emergenza sanitaria, fatto che -come abbiamo visto-

colpisce in modo durissimo Turismo e Spettacolo, il Teatro

Nazionale di Genova con il suo nuovo Direttore, Davide

Livermore, inventa nuovi spazi teatrali, nuove soluzioni per

rilanciare un settore che non si dà per vinto.

Lo aveva già annunciato il 4 maggio scorso , pensando a

uno spettacolo che aveva effettuato a Valencia. L’operina di

Mozart “Bastiano e Bastiana” , fatta girare per le piazze su

un camion, come facevano Leo Nucci e sua moglie Adriana

in gioventù.


 Perché “Bastiano e Bastiana” di Mozart?


“E’ un’operina nata nel 1768 per il teatro all’aperto del

celebre professor Mesmer, l’inventore del magnetismo

terapeutico. Mozart scrisse questo divertente Singspiel

composto da recitativi parlati e ariette, nello stile delle

operette che l’autore bambino aveva molto apprezzato

durante il precedente viaggio a Parigi. E’ una trama in cui

scienza e alchimia si guardano , con la figura dello stregone

Colas (che ha due arie molto carine) .


 

Temi che vengono trattati anche nel  recente Tuo libro

“Mozart e il violino di Lucifero”…


“Sì è vero. Io amo molto questo lavoro scritto da un bambino

di 12 anni, tutto candore e purezza ma solo in apparenza,

perché poi è anche divertente e sporcaccione. Noi siamo

partiti dalla traduzione del testo originale, il libretto di

Friedrich Wilhelm Weiskern, e su quello ci siamo innestati

per creare un carrozzone, tipo “Parnassus” il film di Terry

Gilliam, l’uomo che voleva ingannare il diavolo. Le scene

sono dei Fratelli Galliari, ovviamente ridipinte e riproposte in

una veste nuova.”



Tutto ciò montato sopra un camion…


“Sì esatto, un camion che si apre e diventa uno scrigno

magico. Faremo un’altra ventina di spettacoli di prosa  oltre a

Mozart, Laura Marinoni che fa Gilda, Lella Costa che fa la

Vedova di Socrate (l’unica autorizzata da Franca Valeri a fare

il suo testo), Elisabetta Pozzi in “Elena,memorie di una

donna”, tanti artisti anche giovani genovesi…un lavoro che in

questa Italia bloccata non fa nessuno. Portiamo un

carrozzone magico in tutte le piazze di Genova e della

Liguria.”



               Bastiano_Mozart2



Come fate con i vari protocolli ?


“ Intanto sono spettacoli gratuiti, per tutti. Si entra con

prenotazione, naturalmente e si rispettano ovviamente i

famosi protocolli. Io avevo inventato questa cosa quando

lavoravo a Valencia ma lì il teatro non parlava alla città.

Helga Schmidt aveva fatto cose meravigliose , ma non era

capace di coinvolgere la città perché Valencia ha una grande

passione teatrale ma non una tradizione. Per esempio i

tassisti non sapevano cosa voleva dire fare Opera o andare

all’Opera.Nel “Gato Montès” io organizzai la prova generale

solo aperta ai tassisti, appositamente: entrarono in teatro in

750 con signora, tutti muniti della loro regolare licenza. Così

abbiamo venduto il 60% di biglietti in più.”


Quindi in Spagna la situazione non è così rosea per

l’Opera?


“No, assolutamente. L’Opera è conosciuta da una élite ma

non dal popolo.Io ho fatto conoscere il “Bastiano e Bastiana”

di Mozart a 60.000 persone a Valencia. Ho comprato a

3500Euro la produzione, montata poi sul camion e ora la

facciamo Genova. Era semidistrutta, l’abbiamo ristrutturata,

rinfrescata, e pensare che dopo 60 recite in Spagna era

destinata al macero. Dai, ti aspetto sul camion! “



        Bastiano_Mozart3






 
UN MACABRA ESTATE DA ZOMBIE
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Domenica 26 Luglio 2020 11:13

                          maschere_al_mare


La cosiddetta pandemia, tra i suoi molteplici risultati (tragici

per i decessi e l’economia, comici per l’uso e l’abuso delle

mascherine) ha ottenuto l’effetto devastante di aumentare

esponenzialmente l’utilizzo dei peggiori luoghi comuni

possibili, quelli che Flaubert definiva “la causa universale

delle malattie” . I luoghi comuni classici sono

tendenzialmente meteorologici : “ che calda questa estate” o

“signora mia, non è più la primavera di una volta”, “non ci

sono più le mezze stagioni”  o legati alle nostalgie d’antan

come  “finiti i bei tempi”, “mala tempora currunt”, “ dove

siamo arrivati” o “dove andremo a finire”. Possono anche

spaziare nell’antropologia spiccia: “ Le brune sono più calde

delle bionde!” , nel razzismo:  “Attento all’uomo nero” , “I neri

hanno il ritmo nel sangue” , del razzismo al contrario   “In

Italia siete tutti razzisti”, “I neri sono più dotati dei bianchi”,

nel sessismo : “ Le donne non sanno guidare” , “La donna

bella ha il cervello di un’oca” , nella superstizione:  “ Anno

bisesto, anno funesto” , “L’anno peggiore di sempre” , in

campo lavorativo: “ Fare il medico non è un lavoro, è una

missione”, “ L’avvocato è un avvoltoio”, “I commercianti sono

tutti evasori”.Giovani contro vecchi: “I vecchi sono egoisti”, “I

vecchi sono lamentosi” ,” I vecchi ostacolano i giovani”, o

vecchi contro giovani : “ I giovani sono tutti drogati”, “ I

giovani non hanno voglia di lavorare” , “Ai miei tempi sì che

si studiava”. C’è il filone delle caste: “La casta dei politici”,

“La casta dei giornalisti”, “La casta dei magistrati”. Insomma,

potrei andare avanti per ore, c’è gente che vive utilizzando

solo luoghi comuni e quindi sguazzando felicemente nel

vacuo, nell’insignificante, nell’inconsistente.


Il Covid-19 , la più insignificante delle nanoparticelle possibili,

è stato capace di accelerare -oltre che i trapassi- la diffusione

dell’imbecillaggine e del terrore che l’imbecillaggine produce,

invariabilmente. La paura della morte che non ci lascia più

vivere, la necrofobia acuta ,una patologia assurda e

pericolosa che determina quelle scenette grottesche al mare,

per esempio, quando si vedono bagnanti che nuotano con le

mascherine chirurgiche o gente che fa la spesa travestita da

palombaro. I più incredibili sono coloro che mantengono le

mascherine in macchina, da soli, con i finestrini chiusi o

persino in casa, magari dormendo. Esistono. E votano,

purtroppo.

Chi ha pagato il prezzo più caro sono stati i teatri e le sale da

concerto, condannati ai cosiddetti “protocolli sanitari” , vale a

dire distanziamento, divieto di assembramento (che molti

chiamano “assembLamento” forse in omaggio al paese

d’origine del virus) e mascherine.

Siamo in estate , il virus in Italia è praticamente scomparso,

in terapia intensiva giace solo chi è destinato a essere

ospitato presto e comunque nella Valle di Giosafat, eppure

anche all’aperto vi sono i limiti più estremi e, permettetemi,

ridicoli , se si considera che sugli aerei, nelle spiagge, in

treno, nei bar e nelle piazze, si sta allegramente pigiati, stretti

stretti alla faccia dei protocolli .


Assistiamo dunque al capolavoro del grottesco: gli storici

teatri all’aperto, vanto e gloria del reparto e dell’indotto

turistico italiano (oggi annientato) , contingentati e ridotti a

ritrovo di zombies, appuntamento serale per pochi revenants

non sia mai  accostati , ma distanziati  e contenti. Le

immagini dell’Arena di Verona  sconcertano. La collocazione

al centro del palcoscenico e la conseguente riapertura della

“curva Sud” , tradizionalmente destinata alle imponenti

scenografie ora eliminate, avrebbe dovuto -come minimo-

garantire la possibilità di un pubblico, sparuto ma distribuito

in maniera circolare, com’era ai tempi degli antichi romani. E

invece? Nulla di tutto ciò. Il palco è semplicemente spostato

più avanti con il pubblico, scarso, piazzato come sempre.

Questa sarebbe la grande novità ? Triste a vedersi. Non era

la Regione Veneto quella che assicurava la possibilità di

ospitare almeno 6 o 7mila spettatori, in un’Arena che al

completo ne potrebbe contenere  più di 30.000 , persino

distanziati a un metro l’uno dall’altro? E che ci voleva , con

un sistema di schermi collocati nei punti giusti, restituire la

circolarità , l’abbraccio del pubblico attorno al palco, magari

girevole? In occasione del concerto che festeggiava i 50 anni

di Baglioni nel 2018, l’Arena venne utilizzata in questo modo

e con un effetto che può essere verificato dalle immagini: non

c’è confronto con la tristezza infinita proposta dall’attualità.

Non dico che fosse possibile stipare la folla immane di

Baglioni, ma per lo meno un quarto di quella folla di

persone sì, si sarebbe potuto e si sarebbe dovuto. Ah,

dimenticavo: si vive nella nuova era , “la nuova normalità”

che ci viene imposta come nuovo luogo comune : la

saggezza di milioni di babbei  espressa dagli epigrammi di

un cretino.


Baglioni_Verona4       arena_vuota

Baglioni ,Verona 2018                                         Verona, 2020

 


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