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GRANDE THIELEMANN A BAYREUTH!
Mercoledì 28 Luglio 2010 20:08

thielemann C.Thielemann


Fa  piacere   ogni tanto registrare  il  trionfo  di  un  vero, grandissimo   maestro: Christian  Thielemann   , che  ha  eseguito a  Bayreuth  una  "Walchiria"  che  possiamo  considerare  storica  a tutti  gli effetti.

Poetica, ispirata  e  al  tempo  stesso  eroica, com'è  giusto  che  questa  musica  venga  interpretata , con l'orchestra  in stato di grazia, concentratissima, precisa  fino a  sfiorare  la  perfezione.

Un'esecuzione che  ha  dell'incredibile.

 


Ci  riportano  in terra  i  due  soprani, Linda Watson (Brunilde)  e  l'inadatta  Haller   come   Sieglinde, la  prima  stonata  in troppi decisivi  momenti, l  seconda  fuori  parte  e debole oltre  modo.

Formidabile  il  Wotan di Albert  Dohmen, totalmente  in sintonia  con il  Maestro, fraseggiatore   finissimo  e intenso, magistrale  nelle frasi  pesantissime  del  Finale, con un  "Loge!  Loge!"  accentato  come  mai  si  era  sentito  prima.

Per  gli altri  ruoli: un onesto  Botha   come  Siegmund , una  ottima  Fricka  in Mihoko  Fujimura, un  bravissimo  basso  Kwangchul  Youn  nella  parte  di  Hunding .

Le  Walchirie  si  sono  distinte  per   precisione  e  slancio  nel  loro  fantastico  concertato, eccettuata  un  contralto  un pò...indisciplinato.

Ma  su  tutti  il magistrale  lavoro  compiuto  da  Christian  Thielemann, che ha riscattato la  brutta  inaugurazione  con  il  'Lohengrin'  di appena  tre giorni  fa.

BRAVO!


 
BOLOGNA,GENOVA,CREMONA: tre buone ragioni per vergognarsi!
Mercoledì 28 Luglio 2010 10:37

Pioggia di critiche per Tutino
"Si poteva risparmiare la denuncia"

Indagati tre sindacalisti in conseguenza della querela del soprintendente del teatro Comunale per l'occupazione dei lavoratori. La Cisl: "Speriamo siano gli ultimi colpi di coda di chi, finito il mandato, cerca la riconferma"

E su Tutino piovono le polemiche dei sindacati e dei partiti. La notizia che tre sindacalisti sono indagati in seguito alla denuncia fatta dal soprintendente del Comunale (con tanto di foto scattate e allegate alla querela) per l'occupazione del teatro fa infuriare non solo la Cisl, ma tanto la Federazione per la sinistra in Regione quanto Lega e Udc.
                                                      Tutinofallimento

"E allora ci denunci tutti", tuona la Cisl, coinvolgendo nella querela "anche tutti i sindacalisti e lavoratori che hanno partecipato agli oltre 90 giorni di presidio nel teatro" dato che quella iniziativa (avviata per protesta contro la riforma delle Fondazioni lirico-sinfoniche) fu presa in una assemblea unitaria da Cgil-Cisl-Uil e Fials. "Speriamo che questi - commenta il segretario Stefano Gregnanin - siano gli ultimi colpi di coda di chi, finito il proprio mandato, tenta disperatamente di giustificare una propria riconferma".

Di tono simile la reazione della Lega. Marco Tutino "poteva anche risparmiarsi" la denuncia, commenta Manes Bernardini, secondo cui "bisogna sapere gestire certi conflitti quando si ha un certo ruolo, e lui non lo ha mai saputo fare". Anche l'Udc è molto critica; il segretario provinciale Maria Cristina Marri esprime solidarietà "non solo ai lavoratori indagati, ma a tutti i sindacalisti e ai lavoratori che in modo unitario hanno deciso le azioni di protesta da attivare". E come la Cisl, chiede presto una sostituzione al vertice: "Questi reiterati e annosi momenti di tensione che possono aver provocato anche qualche comportamento sopra le righe richiedono un cambiamento essendo ormai evidente che è impossibile la ricucitura tra direzione del Teatro e dipendenti". In un aggettivo, per il consigliere regionale della Federazione per la sinistra Roberto Sconciaforni il comportamento del soprintendente Tutino è "intollerabile".

(27 luglio 2010)

 

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GENOVA – Carlo Felice, il buco si allarga
  LA REPUBBLICA – Genova

DONATELLA ALFONSO
SOLDI per gli stipendi fino a settembre o poco più, e per fortuna che ad agosto il Carlo Felice è chiuso, tutti vanno in ferie e, stipendi a parte, non ci sono spese extra. Mancano infatti altri dieci milioni alle casse del Teatro, oltre ai 15 milioni già certi di deficit. Colpa del fantasma del Fus, cioè del mancato versamento del contributo statale all´inizio dell´anno, pari a circa 11 milioni di euro; se, nonostante i tagli del decreto Bondi, davvero non arrivasse nulla entro la fine dell´anno, il rischio di tirare giù per sempre il sipario si farebbe reale.
In attesa di sapere quale sarà il destino, infatti, c´è una certezza sola: che, a parte i soldi dei biglietti incassati, al Carlo Felice è arrivato finora solo un milione da Iride. Ma siccome 400 mila euro sono stati pignorati per cautelare il “rimborso” dovuto all´ex sovrintendente Gennaro Di Benedetto, così come previsto dalla prima sentenza sulla causa post-licenziamento – sulla quale peraltro la Fondazione intende presentare appello – nel borsellino sono a disposizione 600 mila euro: la vita di due mesi o poco più del Teatro e dei suoi dipendenti. E anche la scelta del nuovo direttore artistico – al di là del nome, che potrebbe essere quello di Cristina Ferrari, che tornerebbe quindi a ricoprire il ruolo toltole da Ferrazza – potrebbe slittare alla fine dell´anno.
SOLO verso la fine dell´anno, infatti, il Teatro e i suoi vertici, a partire dalla sindaco Marta Vincenzi, presidente del Cda, sapranno se sia possibile pagarsi il “lusso” di un nuovo, congruo stipendio, perché il compenso di un direttore artistico di alto libello difficilmente sta sotto i 100 mila euro l´anno. Si può farne a meno, certo, e il sovrintendente Giovanni Pacor può gestire ad interim i due ruoli; ma ci vuole chiarezza. E non è ancora finita. Ogni esborso in più va comunque bloccato, si sono infatti detti a Teatro: a partire da quanto previsto da un altro, clamoroso contratto. Quello che, che, secondo indiscrezioni, sarebbe stato firmato nel marzo scorso da Ferrazza e Daniel Oren, per cinque nuove produzioni da realizzare tra il 2011 e il 2012, quindi oltre il vecchio contratto – ormai scaduto – e da pagarsi a 18.600 euro a rappresentazione. Quante ne dovrebbero essere messe in cartellone, per ognuna delle cinque opere?
Sono queste, secondo le voci che si rincorrono, le pessime scoperte che il neosovrintendente e il suo direttore di staff, Renzo Fossati, hanno fatto “scavando”, come dichiarava la scorsa settimana Pacor a Repubblica, tra le carte lasciate dall´ex commissario Giuseppe Ferrazza, sulle quali lavorano anche i revisori della Deloitte, che dovrebbero concludere entro la fine di luglio il lavoro di revisione di spese e contratti. Proprio dalla gestione di Ferrazza, come ha dichiarato Marta Vincenzi appena due settimane fa, all´insediamento di Pacor, arrivano 4 milioni di euro di deficit in più degli undici di cui già si sapeva, e il problema già si presentava drammatico. L´ex commissario, dal canto suo, aveva parlato di tre milioni di euro mancanti, il che impediva di programmare qualsiasi cosa. Ma quale sia la vera situazione, al di là degli “scavi” di Pacor e Fossati, e delle analisi dei funzionari di Deloitte, è che il rischio di non riuscire ad andare avanti con il Teatro è adesso qualcosa di palpabile. Certo, c´è l´impegno di Riccardo Garrone, ci sono i contatti con altri, possibili soci privati: ma è pensabile che il Teatro possa fare a meno completamente del Fus, il Fondo unico dello spettacolo, cioè il contributo statale? Ovviamente no. Il timore vero che resta sullo sfondo e che riguarda Genova, ma non solo, è che si voglia arrivare a cancellare di fatto le Fondazioni liriche italiane, salvandone una minima parte, quella ritenuta più di spicco, dalla Scala all´Opera di Roma, al Conservatorio di Santa Cecilia, e lasciando gli altri ad arrangiarsi. Altro che una furtiva lacrima.


Ricevo  dal  sig.Valentino Salvini:


"CARISSIMO STINCHELLI , TI INFORMO CHE A CREMONA STANNO SUCCEDENDO COSE ASSURDE.


1 ) NON VOGLIONO INTITOLARE UNA VIA AL GRANDE ALDO PROTTI .

2)  LA NUOVA AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE HA ABOLITO IL FESTIVAL LIRICO ESTIVO. DICONO CHE CI SONO TROPPE SPESE MA LA VIA A PROTTI NON COSTA NULLA! EPPURE FIN ORA NIENTE DA FARE. PUOI FARE UN'APPELLO ALLA BARCACCIA E SOLLECITARE GLI ORGANI POLITICI CREMONESI? GRAZIE!"



Rispondo:


Bologna, Genova, Cremona...Tre  situazioni  diverse  ma  tra  loro speculari. Tre  immagini  di  una  Italia  che  desta  vergogna. Invece  di valorizzare  ciò che  ha  di  più  bello  e  importante , getta  alle  ortiche  tutto, in nome  di  non  si  sa  quali  altre  priorità.

Il  maestro  Tutino farebbe  meglio , ormai, a  prenotarsi un Safari  o  un periodo  di  meditazione  in zona  tibetana. Contemplando  le  vette  più  alte  del  mondo potrà  forse  ripensare  ai  troppi  errori  commessi  e  alla  propria  incapacità.

A  Genova  il  signor  Ferrazza, precedente  responsabile  amministrativo  del Teatro,  ha  fatto  un pò  di  salti  mortali, fin quando ha  potuto, occultando  buchi  in bilancio  e  offrendo  un'immagine  facilona  e  rozza  come  manager  e  come  Sovrintendente. Ora  se  ne  pagano  le  conseguenze  e  sono  gravissime. Molta  responsabilità  va  anche  ai  sindacati  che, pur  sapendo  da  anni, hanno taciuto  o  hanno  fatto  finta  di non vedere. In tempi  di  crisi  non si  può  più contare  su  alcun altro  fondo  che non sia  privato: a  cosa servivano  le  Fondazioni  se  non a   questo? Io mi auguro  che  zio Paperone  esca  fuori  ma   è  assolutamente  ridicolo  che si debba, entro  sabato,  sperare  in zio Paperone.

A  Cremona  farebbero  bene a  meditare  su  chi  fu  Aldo  Protti  e  quanta  Arte  portò  in giro per  il mondo, vantandosi  sempre- con orgoglio-  di  essere  cremonese. Una  strada è  davvero  il minimo.

 

 
Genova: Carlo Felice sull'orlo del baratro
Martedì 27 Luglio 2010 13:11

Leggiamo  oggi  su  "Repubblica" , edizione  di  Genova:


Mancano i soldi per gli stipendi
Il sovrintendente: "Situazione drammatica"

Carlo Felice, l'ombra della cassa integrazione. Servono undici milioni subito per non chiudere. Aggiornato a sabato il consiglio di amministrazione

di MICHELA BOMPANI

Al teatro Carlo Felice manca la liquidità. Undici milioni di euro per pagare stipendi, contributi, allestimenti, elettricità fino alla fine dell'anno. E intanto la Fondazione ha fatto slittare ad agosto il pagamento degli stipendi di luglio dei dipendenti.

Nella ricerca di una "exit strategy" dalla "drammatica situazione in cui versa la Fondazione", come la definisce lo stesso sovrintendente Giovanni Pacor, spunta l'ipotesi della cassa integrazione in deroga.
La riunione di ieri del consiglio d'amministrazione della Fondazione Carlo Felice si è conclusa con la decisione di riunirsi ancora, sabato mattina. Solo allora infatti arriveranno al nono piano i responsabili della Deloitte, la società che sta esaminando tutti i conti del teatro e producendo proposte di soluzione. Ieri è stata presentata la relazione dei Revisori dei Conti, che ha illustrato una situazione davvero drammatica. Il deficit finanziario e il deficit patrimoniale si stanno sovrapponendo, entrambi intorno ai 13,5 milioni di euro, insomma le alternative per chi in teatro è esperto di conti sono due: o si trovano finanziamenti privati in fretta oppure si portano i libri in Tribunale.

Anche se l'"ora delle decisioni irrevocabili" sarà segnata dalla relazione della Deloitte, già ieri all'orizzonte si è profilata una drastica soluzione per i conti del teatro: la Regione potrebbe concedere la cassa integrazione in deroga, così come fa con le aziende che non hanno diritto a quella ordinaria, proprio come nel caso della Fondazione Teatro Carlo Felice. Un'opzione percorribile ma pesante sotto il profilo delle conseguenze: darebbe ossigeno al teatro, ma dovrebbe avere applicazione immediata, per limitare le ripercussioni sulla "produttività" del teatro, nei mesi più densi dell'inizio stagione, in autunno.

Una stagione appesa a un filo, come conferma il sovrintendente Giovanni Pacor: "Aspetto di ascoltare la relazione Deloitte, poi capiremo quali decisioni potremo o non potremo prendere. Oltre alla relazione dei Revisori dei Conti, molto accurata, quella Deloitte include suggerimenti di soluzioni. Solo dopo sabato sapremo se si potrà svolgere oppure no la stagione lirica da ottobre a dicembre".

Gli esperti di bilancio indicano il pericolo che di certo deriverebbe dalla soppressione delle tre opere d'autunno ("Barbiere di Siviglia", "Traviata" e "Opera da tre soldi"): certo si risparmierebbero denari, ma si dovrebbero risarcire gli abbonati, si dovrebbero fare i conti con i mancati ricavi e soprattutto si perderebbero i contributi statali legati al numero di "recite": così, chi lavora con i numeri, calcola che il rapporto costi-benefici indicherebbe più saggio mantenere quest'ultima parte della stagione lirica in teatro. In più, e non quantificabile, ci sarebbe il colpo definitivo al ruolo del teatro in città, in termini di disaffezione del pubblico.
Sotto il torrione, il primo problema, quello più urgente, è composto da quegli undici milioni di euro di liquidità che mancano. Anche negli anni passati si erano verificate situazioni analoghe e quei soldi si chiedevano alle banche. Adesso però la Fondazione non ha sufficienti garanzie, e dovrebbe trovare qualcuno che garantisse per lui. Ma chi?

Anche la partita sulla nomina del direttore artistico è stata rimandata, anzi, ieri, neppure affrontata dal consiglio di amministrazione. Un elemento in più per capire che in gioco c'è la sopravvivenza del teatro a partire dai conti. "Non mi sono pentito di aver accettato questo incarico - dice Pacor - io mi sono messo al servizio: adesso ce la mettiamo tutta per riuscire a vincere la sfida. Innanzitutto serve una strada sicura che ci porti fuori da questa drammatica situazione".

(27 luglio 2010)

 

Commento di  Enrico Stinchelli: 

C'è  assai  poco  da  dire, in realtà. E'  già  tutto  detto  nell'articolo  che  suona  come  un Requiem, annunciato  e  ampiamente  previsto.

Si invoca  l'intervento  dei  privati, per  di  più  in un momento  di  crisi. Mi  auguro  che  questi mecenati  spuntino  fuori  dal  cilindro ma  intanto  mi  domando:

1. Da  quanto  si  trascinava la  questione  degli  11 milioni  di  Euro in rosso??? Dov'erano  finiti  mesi  or  sono e  perché  appaiono adesso  come la  Fée Carabosse  delle  Fiabe?

2. Perché  nell'ottobre  2009  venne  rimosso  dal suo incarico  il  direttore  artistico  Cristina  Ferrari, che stava  svolgendo  con  grande  impegno  e  dedizione  un'opera  di  risanamento e di  risparmio? Cosa  si  è  fatto  e  ottenuto  nel  frattempo, se  non altre  lacrime e  sangue?

3. Con  quale  faccia  il  Sindaco  di una città  come  Genova  potrà  annunciare  la  chiusura  della  stagione  lirica  per  indebitamento  cronico  e  irrimediabile?

4.  Ci  saranno  o  no  dei responsabili  per  tale  dissesto  finanziario, per  bilanci  tanto  sorprendenti  (in senso  negativo)?

Ecco  cosa  succede  a  fare  come le  3  scimmie: non vedo, non sento  e  non parlo.  Salvo  poi  lamentarsi  dei  tagli  ministeriali. Ma  quale  Ministero, che  non sia  un Istituto  di Beneficenza, potrebbe  mai andare a  risanare  simili  buchi  neri?

E'  una vera  vergogna  e  sono  dispiaciuto  per  i genovesi, che adorano  l'Opera  per lunga e gloriosa  tradizione,  e  per  ci lavora onestamente  e con dedizione  presso il Carlo  Felice.

 
BOLOGNA, ossia la Scuola di Peggioramento....
Sabato 24 Luglio 2010 17:10

Leggo  dal  "Corriere  della  Grisi" , un blog  spesso  spietato  ma  preciso  e  dettagliato  nelle  sue critiche:


venerdì 23 luglio 2010

Saggio di fine anno al Comunale di Bologna

 
Il Comunale di Bologna affida come di consueto ai propri cadetti l'onore e l'onere dello spettacolo estivo. Le passate stagioni i titoli prescelti erano stati L'Olimpiade di Leonardo Leo e Madama Butterfly. Quest'anno, modestia e prudenza hanno consigliato alla dirigenza felsinea di orientare gli allievi della locale Scuola dell'Opera verso titoli un poco più abbordabili: la Serva padrona e un'operetta di Offenbach, Pomme d'Api. Titoli peraltro deliziosi e degni di grande considerazione, e che esigono organici e abilità vocali ed espressive, che con maggiore facilità possono trovarsi in un "vivaio" ovvero conservatorio di livello almeno accettabile.

Certo i brutti cattivi e prevenuti compilatori del Corriere sono all'occasione sfiorati dal dubbio che la modestia e prudenza della scelta siano dettate dall'oggettiva impossibilità, da parte del teatro bolognese, di servirsi delle forze di spicco della Scuola, attualmente impegnate in quel di Martina Franca a infondere nuova vita a titoli dimenticati (in primo luogo da sovrintendenti e direttori artistici) del Belcanto.
Il dubbio cresce, si rafforza e si sostenta col leggere sul programma di sala che il dittico Pergolesi-Offenbach costituisce una produzione con svariati istituti teatrali di primo piano (Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi, dove peraltro l'opera del genius loci sarà presentata nella sua versione francese, Teatro Rossini di Lugo, Festival della Valle d'Itria, appunto, Fondazione Teatro Due di Parma, IUAV di Venezia) e che quindi accampa con qualche fondata ragione (specie economica) pretese di eccellenza, che esulano dall'ambito di normale competenza di una recita scolastica.
Come spesso accade il risultato in teatro confligge pesantemente con le ambizioni annunciate dal cartellone e induce ad alcune riflessioni.
La prima è che le voci gravi sono estinte o quasi, e non per insondabili misteri di natura, ma per schietti problemi tecnici. Nella Serva il prescelto Uberto, Davide Bartolucci (che approda al ruolo avendo già sostenuto nello stesso teatro parti ben più consistenti, non ultima quella del dottore Malatesta), ha voce non già di baritono Martin, ma di schietto tenore, di contenuto volume perché di insufficiente proiezione, bianca e 'tirata' in acuto (i fa dell'aria "Sempre in contrasti"), al limite dell'udibile in basso (aria "Sono imbrogliato io già"), sempre meno ferma e stabile con il passare dei minuti e l'aumentare della fatica. Inoltre, forse per scelta registica, spesso la linea vocale si piega ad effetti di semplice parlato, non solo nei recitativi ma anche nelle arie ("or questo basti, basti, BASTI!"). Peccati veniali, o quasi, di fronte alla performance di Mattia Campetti, che dopo essere stato un torvo e simpatico Vespone nella Serva passa al ruolo del celibatario incallito di Pomme d'Api, cantando l'elementare parte con voce ingolfata e cavernosa, traballante almeno quanto il francese esibito nei dialoghi parlati. La disinvoltura dell'attore non fa che sottolineare la scarsa tenuta del cantante.

La seconda riflessione riguarda la componente femminile dello spettacolo, che pur esibendo doti vocali più interessanti rispetto alla controparte maschile non è stata comunque all'altezza (non insormontabile) del compito. Lavinia Bini, in particolare, pur con uno strumento di tutto rispetto (nei duetti faceva scomparire il partner), ha emesso suoni poco o nulla appoggiati, in un'imitazione (non sappiamo dire se conscia o inconscia) di quello che oggi passa per modello vocale della categoria del soprano di coloratura, Diana Damrau. Il risultato è che nell'aria "Stizzoso mio stizzoso" basta un semplice la acuto (che per un soprano, che in natura sarebbe assoluto, è una nota centrale o quasi) per indurre la Bini a emettere suoni più vicini allo strilletto che al canto lirico. Quanto alla tenuta complessiva, dopo una prima parte affrontata con l'ausilio della vigorosa natura, il soprano ha cantato con voce molto meno sonora l'arietta patetica "A Serpina penserete", parodia della vocalità dell'opera pastorale, finendo per indebolire la scaltra seduzione attuata dalla servetta. Anna Maria Sarra, in Pomme d'Api, ha cinguettato graziosamente la parte di Catherine, di scrittura prevalentemente centrale e quindi poco o nulla udibile già dalla metà della non foltissima platea. Entrambe le signorine sono spigliate nella recitazione (pur con qualche incertezza da parte della Sarra nelle primissime scene dell'operetta), ma come per i signori, anche questa è lungi dall'essere una circostanza attenuante circa la tenuta del loro canto.
Un discorso a parte merita Francisco Brito, che canta la parte del tenore in Pomme d'Api con eleganza, ma anche con voce debolissima al centro, più sonora ma anche chévrotante e di dubbia intonazione nelle parche escursioni all'acuto (con un paio di puntature discutibili, per gusto ma soprattutto per risultato), legato poco o nulla consistente. Anche in questo approccio all'archetipo del tenore di grazia non si fatica a rintracciare un modello, quello di Juan Diego Florez. Del resto non è strano che un giovane cantante tenti di imitare il più quotato tenore belcantista del mondo. Sarebbe peraltro compito dei suoi tutori proporre al giovane cantante altri e diversi modelli di canto.
Alla testa dell'orchestra del Comunale in formazione da camera, Salvatore Percacciolo ha diretto con poca verve e qualche sbavatura (specie nell'intermezzo pergolesiano), senza rendere un grande servizio alla musica. Forse un direttore più navigato avrebbe saputo trarre maggiore partito dai virgulti della Scuola dell'Opera.
Allestimento anche questo "accademico" (scene di Giada Tiana Claudia Abiendi e Lucia Ceccoli, costumi di Massimo Carlotto, Manuel Pedretti, Vera Pierantoni Giua, luci di Daniele Naldi, regia di Stefania Panighini), decisamente cupo per la Serva, vista come un triangolo erotico fra il morbosetto e lo psicanalitico (Carsen?), ugualmente minimalista ma più scanzonato e ammiccante - e quindi ben più rispettoso del testo - per Pomme d'Api.
Pubblico poco folto (malgrado sconti e biglietti omaggi generosamente profusi su Facebook, erano pieni - ma lungi dall'essere esauriti - solo il primo ordine dei palchi e la platea) e successo di cortesia al termine della rappresentazione.
                                     note_musicali
Commento:
La  scuola  dei  giovani  a  Bologna  è  nata, lodevolmente,  per creare un vivaio operistico, tale da garantire  solide  leve  per  il  futuro. Simili  iniziative dovrebbero  essere  d'obbligo  in ogni  teatro,  in linea di  principio. Si suppone, si  presume  che  vi siano maestri degni  preposti a  tale  compito, tali da  assicurare  non dico  delle scritture  al  Met  o alla  Scala  dopo  due  anni  di  tirocinio, ma  per  lo meno  un decoroso  saggio  di  fine  anno. Ciò, a   quanto pare, non avviene  ed  è  grave.
Allora: la  colpa  non  può  essere ascrivibile  agli  allievi, che  stanno  lì  per  imparare. Di chi  è?  Dei maestri, certamente  ma  soprattutto  di  CHI  scrittura  i  maestri  o  non li  mette in condizione  di  poter  insegnare  al  meglio  delle  loro  possibilità. Ricordo  di aver ascoltato i  terrificanti risultati dei  "Puritani"  di  Bellini  (un'operina  facile  facile!!!) affidati a  giovani allo sbaraglio. Questa  è  pura  follìa. Follìa  autorizzata  e  pagata.
Ora  non si  riesce  più  nemmeno a  mettere  in piedi  una  "Serva  padrona"  e un  "Pomme d'Api"   decenti.
Che la  scuola  chiuda  se  questi  sono  i  risultati  oppure  resti  aperta...ma  vengano cacciati  i  responsabili!
 


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